“BELVE” NUOVO ALBUM DEI GOSPEL TRA LUCI E OMBRE

E’ in circuitazione da pochi giorni “Belve”, il nuovo album dei Gospel, band formata da Lorenzo Balice e Riccardo Ligorio e nata a Luino, sulle sponde del lago Maggiore, nel 2016. Ai due fondatori del gruppo si affiancano Stefano Dal Lago al basso e  Gian Maria Gallicchio alla batteria; nel 2017 esce il primo disco intitolato “Gospel”. Questa formazione, che  parte dalle influenze garage rock e soul blues approda poi ad una dimensione più vicina all’alternative italiano ed americano.

L’album è caratterizzato da dieci tracce che lasciano trasparire qui e là alcune intressanti intuizioni inserite in una struttura musicalmente sempre un po’ troppo uguale a sè stessa tanto da lasciar pensare ad un certo punto dell’ascolto che probabilmente sarebbe stato sufficiente un Ep per definire l’attuale momento ispirativo del gruppo. Senza entrare nel merito di ogni brano, anche per evitare a mia volta il tedio della ripetitività, mi sento di dire che tra le note di merito va ascritto il tentativo, direi complessivamente riuscito, di proporre un rock made in Italy (tutti i brani hanno testi in italiano e spesso si tratta anche di testi di un certo impegno, non piegati alla semplice esigenza di assecondare il filo musicale, paradosso diffuso nell’italico mondo rock da qualche anno in qua, dimenticando che dovrebbe essere la musica ad assecondare le parole): altra sensazione positiva scaturisce dalla buona fusione delle voci di Lorenzo e Riccardo che non vengono mai travolte dalla dimensione strumentale, pur se anche questa non si risparmia, non andando però quasi mai sopra le righe. E poi si apprezza la capacità di mettere insieme brani ben strutturati e poi altrettanto ben eseguiti, al di là delle peculiarità di ogni singolo brano che ovviamente possono trasformare un pezzo in più o meno fruibile. Il limite, come detto, è rappresentato dallo ssnocciolare dei brani che ad un certo punto non riescono più a imbrigliare l’attenzione di chi ascolta sostanzialmente per due ragioni: non vi sono elementi di sorpresa, cioè fasi compositive che attraggano improvvisamente l’attenzione di chi ascolta eppoi, brano dopo brano, il “marchio di fabbrica” si trasforma via via da segno distintivo in segno ripetitivo e questo porta facilmente dall’ascoltare un pezzo al sentire un pezzo, fasi all’apparenza simili ma in realtà ben diverse. In sintesi comunque, come dicevo, “Belve” è un album che presenta motivi di interesse e che è stato realizzato con una certa cura pur senza lasciare tracce indimenticabili.

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