Ascoltando il primo album di Taff (al secolo Stefano Perfetto) intitolato “Beat – Pocalypse”, anche senza saperlo non è difficile intuire che abbiamo a che fare con un batterista innanzitutto, che ha un proprio percorso artistico alle spalle e che, in una dimensione poco più che sperimentale, si è cimentato con la realizzazione di queste sette tracce per poco meno di 22 minuti di musica non sempre convincente.
Il progetto però merita un ascolto perchè c’è anche del buono, a cominciare da una discreta fruibilità dei brani, soprattutto nella prima parte del lavoro discografico. Prevale, com’è naturale che sia, la ritmica mentre la voce di Taff, che interagisce con sonorità decisamente minimaliste, a tratti è alterata dagli effetti e quando non lo è appare tutto sommato acerba. Stiamo parlando di brani d’ascolto, quindi non di rock scatenato e neppure di canzoni così come siamo abituati a pensare alle canzoni. Nell’insieme di ogni brano, soprattutto i primi quattro, pare esserci comuque un comun denominatore e incuriosisce la costruzione di ogni pezzo che si pone alla ricerca di situazioni di relativa complessità. Via via che ci si avvicina alla parte finale del progetto, si deraglia su “Presumtion”, si riprende un po’ quota con “I don’t wanna go one”, ci si immerge in sensazioni nuove con “Charlie” che è come se fosse un corpo estraneo rispetto al resto del lavoro. Ci sono le intenzioni e c’è anche qualche buona intuizione, a condizione che dopo questa sorta di prova generale Taff approdi ad un lavoro meglio definito. In caso contrario il suo potenziale rimarrebbe inespresso, come sembra esserlo anche in una parte di questo “Beat – Pocalypse”, che probabilmente non avrei cercato, ma che ritrovandomelo in cuffia ho ascoltanto senza pentirmi di averlo fatto.