Questo album di Andrea Tarquini, “In fondo al ‘900”, in alcune delle sue parti evoca una serata tra amici nel corso della quale, ad un certo punto, uno imbraccia una chitarra ed inizia a cantare una ballata in tutto simile a “Cantautori indipendenti”. E tutti gli astanti si siedono in cerchio ascoltando in silenzio quella voce senza troppe pretese, ma forte e decisa che rincorre le immagini di un racconto.
Tarquini è un cantautore autentico, romano di nascita, ma milanese di adozione, ha avviato il suo percorso artistico negli anni ’90 come chitarrista e corista di Stefano Rosso e quest’anno, proprio con “In fondo al ‘900” è entrato nella cinquina dei finalisti del premio Tenco per la miglior canzone. Il suo è un album senza sfilacciature, una manciata di brani, uno dei quali, “Uve al sole”, solo strumentale, mette in luce la potenzialità artistica della dimensione strumentale di questo lavoro. Le ballate s’intrecciano con atmosfere vgamente country (“L’amore in frigo”) e spiragli di blues. Un po’ stanca, a mio avviso, appare “Pioggia d’estate”, pur in una dignitosissima interpretazione mentre il brano conclusivo, “Adios amigos” si apre con una bellissima intro in cui il violino incontra la chitarra in modo semplice, ma assolutamente coinvolgente, prima di lasciare spazio alla voce, sempre ferma, di Tarquini. E’ un album piacevole da ascoltare, anche a più riprese; forse non racchiude un brano indimenticabile che possa farlo ricordare, ma contiene belle canzoni, ben eseguite e ben arrangiate. Non stupisce l’attenzione del premio Tenco su una di queste canzoni inserita in un contesto che ha il merito di riportarci ad un cantautorato a doc, come l’ambiente del Tenco giustamente esige.
