“ANCORA BIANCA”: GIULIA DAICI TESSE LE SUE EMOZIONI

“Ancora bianca” è l’ultimo album di Giulia Daici, cantautrice friulana che ha composto tutte le dieci tracce di questo suo ultimo progetto, avvalendosi della collaborazione di musicisti che hanno saputo condividere tinte e sfumature di una tavolozza interpretativa molto intensa, pur nella sua semplicità. Giulia non rincorre effetti speciali, non è mai sopra le righe, non vuole stupire ad ogni costo. La struttura dei suoi brani assume sempre forme classiche, ma a segnare una differenza è, intanto, la costruzione testuale delle canzoni. Non c’è una parola di troppo, non una frase buttata lì senza una riflessione attenta, il che fa si che anche i brani più immediati non scivolino mai nella banalità. L’esecuzione è poi sempre molto vissuta e quindi è la voce stessa di Giulia che “cuce” su ogni canzone i significati emotivi che va esprimendo. E poi, ultimi ma non ultimi, ci sono gli arrangiamenti, che in alcuni brani assumono grande rilievo nel conferire completezza ed ampiezza a passaggi che potrebbero apparire sottotono.

S’inizia con “E tu ci sei” che pone subito in risalto il taglio cantautorale al servizio di una linea melodica piacevole. “Ancora bianca” è il brano che dà il titolo all’intero progetto, ponendo in evidenza un buon testo ed arrangiamenti di taglio molto deciso. “L’acqua e il mare” è una canzone con un ritornello molto particolare, sempre alle prese con un testo ponderato (“Ma credo che io stia/come l’acqua al mare/l’acqua al mare./ Segue ovunque sia/ ma non sa di sè/che senza l’acqua il mare/è solo sabbia e sale/sabbia e sale/e anche la poesia/non ha più un’isola”).  “E poi ti accorgi che” musicalmente si presenta con un’aria molto classicheggiante per poi svilupparsi con buon dinamismo. Su “Da qualche parte nell’universo” mi sono soffermato maggiormente perchè lo considero il miglior pezzo dell’album; qui Giulia, più che altrove, tesse le trame fitte di un testo che riesce ad andare a costruire un tessuto solido pur se la canzone è sostanzialmente circoscritta ad una situazione per altro quasi eterea; in questa costruzione trova la complicità di un arrangiamento che asseconda le emozioni sino a trasformarle in pathos, facendone un corpo forte. “Respirare (in fondo è semplice)” è un buon brano assecondato da un ottimo arrangiamento con pianoforte ed archi sino ad aquistare….è il caso di dirlo, un respiro orchestrale.  “E intanto nevica” è una canzone delicata e molto fruibile. Come lo è “Il sole di marzo”, che conferma una struttura molto tradizionale ed ancora una grande ricercatezze delle parole (“Come due stelle appese/sospese/ ombre di un cielo stanco/che guarda/noi chiusi dentro/il vetro spento/del mio silenzio./”) che com’è facile constatare, non vanno alla ricerca di dimensioni narrative ad ampio raggio tematico, ma sanno “fotografare” attimi disegnati dalle sensazioni. “Voce” è forse l’anello debole della catena nell’insieme della canzone in sè. E si va a chiudere con “Oltre il mondo (l’attesa)” che è invece un altro brano con un ritornello che “arriva” con una certa immediatezza tanto da acquisire una dimensione, perchè no?, quasi sanremese. Nell’insieme ci troviamo dunque al cospetto di un lavoro piacevole, testualmente, interpretativamente e musicalmente elegante, con gli ottimi arrangiamenti di Simone Rizzi, marito e in questo caso anche produttore di Giulia e, va ripetuto, la partecipazione di musicisti che hanno saputo “leggere” lo spirito del progetto, contribuendo a trasformarlo in un disco di piacevole ascolto, senza particolari cedimenti e molto equilibrato.

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