ADRIANA SPURIA, OTTO TRACCE PER UN BUON ALBUM

E’ appena uscito il nuovo album di Adriana Spuria che reca il suo nome. Otto tracce che pongono in risalto il mestiere di un’artista poliedrica, cantante, compositrice, autrice ed anche produttrice che ha fondato un proprio marchio, LaFabbrika, con il quale, ormai da alcuni anni, vengono pubblicati i suoi brani ed anche i video che li accompagnano. Adriana Spuria ha alle spalle un percorso artistico che l’ha vista avvicinarsi alla musica all’età di 17 anni interessandosi di vari genero, dal jazz al folk al blues. La sua dmensione live inizia con esibizioni in tutt’Italia in locali ove interpreta perlopiù cover. Successivamente fa la corista e nel 2005 avvia il suo marchio con il quale e nel 2011 produce il suo primo album. E vengono via via altre incisioni, alcuni passaggi in Rai e l’approdo a questo nuovo lavoro al quale la cantautrice siracusana decide di dare il proprio nome.

Ho parlato di mestiere poco sopra ed in realtà questo album propone un’artista che ha raggiunto una certa maturità e ne ha la consapevolezza mettendo i campo la sicurezza ed in molti casi anche la raffinatezza delle sue interpretazioni. Canta in italiano, inglese e siciliano, proponendosi dunque in vesti diverse poichè “L’attimo sospeso”, canzone che apre l’album caratterizzata da  una bella dimensione vocale ed ottimi arrangiamenti, è assai diversa rispetto a “Restless”, cantata in inglese, con una diversa dinamica ritmica, ma non esente da una certa tediosità che non ravviso invece in “December”, altro brano in lingua inglese che crea atmosfere molto delicate e si avvale di un arrangiamento accuratissimo sul quale svetta un ottimo violino. “Vuci amica” è invece un omaggio alla sua terra e quindi ad una connotazione più prossima al folk. Adriana è comunque sempre portatrice di un’ottima vocalità ed all’occorrenza amplia la sua “tavolozza” di tonalità come in “Vero amore”, brano nel quale a tratti si coglie però un curioso distacco tra voce e base musicale che in alcuni frangente sembra un corpo estraneo, pur se ovviamente coerente con il brano. “Fragile” e “I fiori del male” (proprosto anche in versione remix in chiusura), non aggiungono di fatto nulla al progetto. Un disco che comunque si ascolta con piacere, apprezzando la persoalità della cantautrice che non dimentica un modello di canto che a tratti mi riporta al glorioso passato della canzone italiana e delle sue migliori interpreti, il che la porta distante da ogni tipo di omologazione. Se un qualcosa manca a questo lavoro è un brano davvero incisivo, indimenticabile, uno di quei brani che non nascono certamente con frequenza, ma che possono cambiare i destini di un progetto.

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