DAVIDE PERON, IMBASTITURE INCERTE

“Imbastir parole” è il cd di recente pubblicazione del cantautore veneto Davide Peron (etichetta ThisPlay). Un album che contiene dodici tracce, due delle quali interpretate nel dialetto della sua terra. Va detto subito che il cantautore, con il brano di apertura, “Fortuna al fianco” (che è uscito anche come singolo) ha l’intuizione di un buon avvio perchè la canzone è gradevole, interessante il testo, buono l’arrangiamento. I guai, purtroppo, arrivano dopo e non tanto imputabili ad un brano o a più brani in particolare, ma ad una diluizione complessiva del progetto che riserva inesorabilmente frangenti di noia e di ripetitività che ne sminuiscono gli intenti ed anche le buone potenzialità musicali che, qui e là, traspaiono.

 

Il secondo motivo s’intitola “Terramata”, ha stampo molto cantautorale ma la soluzione scelta per la registrazione dei cori ci lascia un po’ dubbiosi. “L’aquilon” è il primo brano in dialetto liberamente ispirato alla poesia omonima di Miranda Bille. Ad emergere è soprattutto l’ottimo violoncello di Anna Grendene. “Mamma se solo sapessi” è una sorta di cantilena dolce, accarezzata anche dalla seconda voce di Carla Cavaliere. “Il nome dei passi” è invece una ballata, caratterizzata da un buon “giro” di chitarra e ben arrangiata. Ma con “Didì” spuntano i primi segni di “fatica” nell’ascolto, anche se poi un finale strumentale di notevole pregio riesce a strappare la canzone dalle acque paludose nelle quali rischia di annegare. In “V’è un angolo di luce” il miracolo non riesce una seconda volta e si scivola nella monotonia, senza appigli. “I colori dei bottoni” ha il pregio di un testo quanto meno curioso, che si sofferma a tratti su dettagli domestici, per poi sfociare in spazi più ampi, dalle tinte sociali ed umane. “Na stela alpina” è il secondo brano in dialetto affodato alla bellissima voce femminile forse di Carla Cavaliere (ma il dubbio permane poiché, altra curiosità non troppo positiva di questo lavoro, è il libretto incompleto che dovrebbe raccogliere testi e nomi dei partecipanti al progetto; si ferma al quarto brano, chissà perchè). “La pallottola”, terz’ultima delle dodici canzoni incise, ha una bella linea melodica, ma un testo che suscita più d’una perplessità: “…la croce che non dà voce alla nostra libertà…” non si comprende a cosa voglia riferirsi. E poi, “L’alba”, un po’ ingenua negli accordi, con un tentativo di guardare al gospel nel momento in cui entrano in gioco i cori, ma sostanzialmente un motivo sbiadito. Come lo è “Se l’afferri non esiste”, brano che chiude non proprio gloriosamente il lavoro. Insomma, Davide Peron si percepisce che ha qualcosa da dire ed a tratti riesce a farlo egregiamente, ma questo album, fosse stato ridotto a otto brani, forse sarebbe risultato più ascoltabile, magari sfrondando proprio quelle tracce un po’ troppo macchinose (l’intro de “Il colore dei bottoni”, per esempio, allenta l’attenzione all’ascolto, senza alimentarne l’interesse).

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