MUNA, UN VOLO ANCORA SOSPESO

“Sospesa in volo” è il titolo dell’ultimo album dei Muna, formazione romana costituitasi nel 2012. Per parlare dei loro lavoro (un progetto racchiuso in dieci tracce), partiamo dalla fine, cioè dai due brani più belli che impongono qualche riflessione sul lavoro complessivo: “Notte” e “Aeroporto Falcone-Borsellino”.

“Notte” è un brano musicalmente molto bello nella parte iniziale, rovinato da un’incursione che ne cambia il ritmo e, a nostro avviso, anche il senso, per poi rientrare nella parte finale, simile all’apertura, offrendoci un cantato che è quasi recitato in un contesto emotivamente intenso che ci sarebbe piaciuto poter gustare per tutto il brano. “Aeroporto Falcone-Borsellino” fortunatamente non risente di particolari deragliamenti, è nell’insieme una bella canzone, con un buon testo e degli arrangiamenti di ottimo livello. Da qui le riflessioni. Questo è un gruppo che potrebbe dare molto, molto di più perchè, a giochi quasi fatti, con le ultime due tracce del proprio lavoro, ci fa scoprire una dimensione che prima non avevamo ravvisato (se lo segnino quei critici che sono soliti ascoltare i primi due minuti del primi brano). “Sospesa in volo”, la canzone che dà il titolo all’intero progetto e che apre il cd, insinua, soprattutto all’inizio, un che di originale, soprattutto nel cantato di Marco Bellone, ma l’inizio del secondo brano, “Viaggio astrale”, ci sorprende per la somiglianza di quello precedenze, soprattutto nella battute iniziali. “Ospiti” pare racchiudere due canzoni in una tanto le due facce dello stesso brano si contrappongono e “Cannibale” non è certo una canzone da inserire tra quelle che non potremo dimenticare. Noiosetta anche “Simbiotica essenza” mentre “Santi e demoni” ci offre un rock più duro e puro, come non era avvenuto nei brani precedenti, ma ci si accorge qui che i testi sono troppo sottoposti alle esigenti della traccia strumentale. “Muta” si distingue per quel delirio letterario che la caratterizza mentre “Ti muoio dentro”, racconto neppure troppo sfacciato di un amplesso (il rock a volte richiede un po’ di spessore in più) si distingue al contrario proprio per quei riferimenti inequivocabili si, ma in punta di penna, con un finale nuovamente affidato ad un rock di felice ispirazione. Ed eccoci ai due brani finali dei quali già abbiamo detto e…. alle conclusioni. Un album complessivamente sufficiente, con qualche caduta, ma altrettante impennate, che rivelano “fondamentali” affidabili ed anche qualche buona idea che potrebbe essere la premessa per un progetto, il prossimo, definitivamente convincente.

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