E’ entrato in circuitazione in questi giorni “2021”, il nuovo album di Adelasia (al secolo Adelasia Lazzari, cantautrice lucchese, ma romana d’adozione). Confesso che ho avuto qualche attimo di esitazione nel pubblicare questa recensione, sopratutto pensando alla nuova fase di questa rivista che per molteplici ragioni, da alcune settimane, ha deciso di selezionare le uscite a fronte di una iperproduzione che già altre testate hanno sottolineato in diverse circostanze e che rende davvero arduo il nostro lavoro.
Alessandro Zannier, nell’editoriale che compare qui accanto, dice apertamente che oggi in Italia la musica che va per la maggiore è quella rivolta agli adolescenti ed ai bambini. Quindi, da una parte il rap ed i suoi parenti prossimi, proposto talvolta con qualche eccesso di aggressività, che incontra più facilmente il pubblico maschile e dall’altra quelle canzoncine lievi che raccontano storielle d’amore che piacciono e fanno sognare tante ragazzine. Ecco, Adelasia con il suo album si rivolge a questa seconda categoria e quindi, è giusto prestarle quell’attenzione che non ci condurrà verso dimensioni musicali stratosferiche, ma che costituisce oggi una realtà della quale va preso atto. L’album si apre con “Acqua”, un brano delicato per una voce fragile, con una linea melodica molto semplice ed arrangiamenti minimali. “Imprevisto” parte con una base di pianoforte e sezione ritmica forse più accativante del brano precedente, ma qui è la linea melodica a destare perplessità e, alla fine, il brano non sembra funzionare gran che. “Camera mia” non poteva mancare in un disco che fotografa tanti angoli dell’adolescenza, anche se Adelasia adolescente non lo è più (ha 25 anni), ma come qualcuno direbbe, mette a frutto l’esperienza, per altro non così lontana (e per sua stessa ammission, buona parte delle tracce di questo cd le scrisse quando di anni ne aveva 20/21). In “Controcorrente” l’andamento si fa più fruibile, è una canzone sbarazzina ma non troppo che scorre via piacevolmente. Di “Meglio soli” resta il ritornello, per altro ripetuto all’infinito mentre “Aliena” ci conferma la cifra artistica di Adelasia che con la sua fragilità racconta piccole storie e sensazioni mantenendo tutto sommato abbastanza viva l’attenzione di chi ascolta (senza voler fare paragoni imbarazzanti anche dal punto di vista temporale, non dimentichiamo però che in passato personaggi come Francoise Hardy, Catherine Spaak, Marie Laforet ed altri raggiunsero un discreto successo cantando in modo non troppo diverso). Ascoltando “Umido” mi sovviene una definizioni delle mie parti che è ” ‘n bumbunin”, una caramellina, poichè a questo fanno pensare le canzoni di Adelasia ed il suo modo di porgerle, E ci si avvia alla chiusura con “Passato remoto”, poco più di una cantilena senza troppe pretese e “Valerio” che invece ha un testo a suo modo interessante, che racconta di una perdita, delle riflessioni che ne scaturiscono quando una persona non c’è più e si precipita in un senso di vuoto che spesso aiuta a crescere. Sono consapevole che Adelasia probabilmente non sarà mai una novella Mina, nè per stare su personaggi più attuali, una Consoli, un Zilli, una Emma o una Malika Ayane; il suo è un compitino che in questo frangente storico può però incontrare una certa fascia di pubblico e dal punto di vista commerciale può “arrivare” più di altri prodotti artisticamente più elaborati e impegnativi. Il che significa che può non entusiasmare i sofisti, ma una sua collocazione ce l’ha.