E’ Luca Ricatti un cantautore romano che, con il cd “Fumo al vento” getta interessanti premesse su quelli che possono essere i contenuti del suo progetto. Ballate medievaleggianti, storie di morte e di cavalieri, faccende di streghe e di solstizi d’estate. Una chiave di lettura tutto sommato accattivante, così come lo è il package che custodisce il suo progetto. Altra cosa è l’ascolto che, dopo il primo brano, “Foglia morta”, sembra diluirsi in una sorta di canzoni che paiono sempre la stessa canzone.
Ad un certo punto si giunge ad immaginare che ci sia, dietro a questo album, un equivoco di fondo sul comcetto stesso di “cifra artistica”, di riconoscibilità o, se vogliamo, di riconducibilità. Un equivoco che fa annegare tanta parte del lavoro in una ripetibilità, a tratti insostenibile. Certo, vi sono alcune piccole alzate d’ingegno, come “Tutti cianno quarcheccosa”, che è però un brano tradizionale, riarrangiato dall’autore. C’è una parentesi solo musicale, che è il “Ballo del serpe”, che non riesce comunque a conferire all’insieme quello stacco che si attende troppo a lungo e che non arriva. Se a ciò si aggiungono le incertezze che ripetutamente suscita la voce di Ricatti, non così autorevole come taluni passaggi richiederebbero, ci si ritrova alle prese con un lavoro che non raggiunge quasi mai la sufficienza e fa rimanere tali, ma vane, le attese dopo i primi accordi.