E’ entrato recentemente in circuitazione “Roma non si rade”, il nuovo album del cantautore ligure Eugenio Ripepi noto anche per le sue performances di monologhista teatrale nonchè direttore artistico di rassegne di cabaret. Ripepi propone 15 tracce (troppe!) di un suo percorso musicale in realtà molto variegato e che a tratti sembra non avere ancora acquisito una identità definita.
Il primo brano si intitola “Un contatto” e suona subito piacevole per la linea melodica che scorre senza intoppi, una strumentazione che asseconda la voce senza sommergerla, un buon ritornello fruibile ed una piacevole armonica inserita in un buon finale. “Come l’acqua ad un’aiuola” dà seguito a quanto appena scritto con qualche riserva in più sulla voce di Ripepi che non su tutte le tonalità risulta convincente; cogliamo la frase “…al mattino Roma non si rade…” che è quella che dà il titolo all’intero progetto. “La frontiera” è una canzoncina tutto sommato semplice, di facile ascolto, mentre in “Acrobatiche sere” cogliamo una voce meglio impostata e più convincente, più attraente è anche il testo e musicalmente risulta gradevole, pur senza suscitare particolari entusiasmi. “Un ritratto di foglia e paglia” troppo presto scivola nella noia lasciandoci ad intendere che poteva essere il primo dei brani “sacrificabili” in modo indolore. “Tra trent’anni” invece rivela un altro sound che mette in luce ottime individualità strumentali con un finale che si fa interessante. Dura poco più di due minuti “Roccia”, andamento dinamico anche se un po’ scontato. “Nicole” merita invece un discorso a parte; questa canzone, se il buon Fred Buscaglione avesse potuto ascoltarla, l’avrebbe fatta subito sua. E’ un brano divertente, ironico, ben arrangiato che non può non incuriosire e non strappare un sorriso. “Latte d’aprile” ci giunge come un brano un po’ confuso, qui anche la linea melodica desta qualche perplesità. Con “Villaggio globale” si cambia invece completamente registro e si strizza l’occhio al reggae con una buona pienezza musicale ed un andamento che “arriva” con facilità. “Il mio mare” rappresenta invece una canzone più complessa, il taglio è decisamente cantautorale, i toni sono più pacati, gli arrangiamenti più soft. Nuovamente su arie scanzonate è “Tanto tempo fa”, musicalità divertente, a suo modo trascinante con un arrangiamento assolutamente coerente; una nota di colore dunque che nel fnale butta un occhio anche verso un po’ di dixieland. Torna il Ripepi più cantautorale con “Specchi negli specchi”, uno dei pezzi migliori dell’album, con una profonddità inconsueta ed una voce che è qui più convincente che mai. E approdiamo a “Sei mattina”, altra canzoncina che nulla aggiunge e nulla toglie al progetto, anzi no, aggiunge un buon arrangiamento ed una tromba sontuosa nel finale che non si butta mai via. E si chiude con “Ci sarà” che lascia nuovamente qualche spiraglio di perplessità, pur se musicalmente non è disprezzabile, ma di fatto non decolla. Questo “Roma non si rade” mette dunque in luce le non poche qualità di un cantautore che gioca un po’ a fare il “piacione”, cercando di accaparrarsi consensi ed attenzioni in diverse direzioni, da quelle di chi ascolta più volentieri brani meno impegnativi a chi invece va alla ricerca di contenuti più definiti. Per questo rimane alla fine la sensazione di una sorta di ricerca non ancora approdata ad una cifra artistica marcata. Poi, quindici brani in un album sono davvero troppi e il loro ascolto ci ha confermato che almeno quattro o cinque di quelle tracce avrebbero potuto essere omesse senza alterare, anzi, probabilmente migliorando il prodotto finale. Fare è un bene, strafare talvolta è un boomerang.