Il collega Andrea Scanzi su “La Stampa”, nell’introdurre, giorni fa, la 35° edizione della Rassegna sanremese dedicata a Luigi Tenco, incappa in un commento a dir poco infelice, che mette però a nudo un certo modo di concepire il giornalismo, la gestione delle risorse pubbliche e la cultura. Cercando di spiegare le ragioni dei presunti affanni che starebbero minando il futuro della manifestazione, Scanzi fa riferimento ai: “….pochi fondi, al punto che il buffet del mitico dopo-Tenco, non sarà più gratuito….”.
Dunque sono questi i sintomi seri della decadenza di un progetto fortemente voluto da un uomo di fibra antica quale fu Amilcare Rambaldi? Ed è sulla mancata gratuità del tramezzino e del prosecco che ci giocheremo le speranze dei giovani cantautori? Forse è opportuno, a questo punto, riordinare alcune idee. E cominciamo con una constatazione che è sotto gli occhi di tutti: la rassegna della canzone d’autore dedicata a Tenco gode di privilegi di visibilità che per altre realtà, artisticamente non meno meritevoli, costituiscono un ambito traguardo, destinato quasi sempre a risultare inesorabilmente irraggiungibile. Parlo della televisione, di mamma Rai che è stata costretta suo malgrado ad accorgersi della manifestazione, come l’attuale organizzatore, Enrico De Angelis, ebbe serenamente a raccontare al Meet di Milano. La Rai infatti, per mantenere i diritti esclusivi sul festival della canzone italiana che si svolge al teatro Ariston, deve ad ogni rinnovo dell’accordo mercateggiare con il Comune di Sanremo, che in cambio di quei diritti presenta un “pacchetto” di iniziative sanremesi che obbligatoriamente devono godere di “passaggi” televisivi. Si tratta della corsa ciclistica Milano-Sanremo, si tratta del corso fiorito in prossimità del carnevale, si tratta di alcune altre manifestazioni che si svolgono annualmente nella città dei fiori, tra le quali compare anche la rassegna dedicata a Tenco. Che alla Rai il festival dei cantautori nel nome di Tenco interessi poco o punto, lo si evince dalla constatazione degli orari in cui la rassegna viene messa in onda: sempre a notte fonda quando l’audience è mantenuta in vita da chi soffre d’insonnia e da chi dovendosi dedicare ad attività lavorative notturne, tiene la televisione accesa per avere un rumore di fondo che gli impedisca di schiantare dal sonno. Ma tant’è, pur sempre di televisione si tratta e, soprattutto, pur sempre di Rai. Il che significa poter mettere in moto un meccanismo fatto di contributi pubblici (per la promozione del territorio), di sponsor e di quella credibilità un po’ morbosa, propria di qualunque cosa passi in televisione. Tutto ciò fa del Tenco un festival privilegiato. Tanto che, sino allo scorso anno, ha potuto permettersi anche il lusso di quelli che il buon Scanzi definisce “….buffet del dopo-Tenco” in regime di assoluta gratuità (intanto il conto della compagnia dei magnaccioni lo pagano il Comune, cioè i cittadini di Sanremo e gli sponsor abbagliati dai riflettori della Rai). Tutto ciò mentre nel resto del Paese, alcuni onesti festival dedicati alla canzone d’autore, artisticamente non meno degni, faticano a sopravvivere o chiudono i battenti perchè improvvisamente alcuni “rubinetti” cessano di erogare il minimo vitale. Penso al premio dedicato a Rino Gaetano, soppresso da anni; penso al premio Bindi che un paio di anni or sono pareva sull’orlo di un pericoloso baratro; o a situazioni sinceramente assurde come quella del festival di Poggio Bustone, che non può essere intitolato alla memoria di Lucio Battisti pur se il mondo intero sa che Lucio Battisti è nato a Poggio Bustone (e che per questo probabilmente ogni anno perde risorse preziose). Ecco, questi sono elementi di riflessione seri e reali. Finchè i motivi di preoccupazione saranno soltanto i buffet che non potranno più essere offerti gratuitamente, non c’è di che preoccuparsi: non è in pericolo la manifestazione. Semmai lo è la sua credibilità. O quella di chi in mezzo ad un mondo musicale che va a rotoli, si preoccupa del tramezzino.