E’ di recente pubblicazione “Default”, il debut album dei Be.holders, un duo formato da Francesco Rossi (voce e liriche) e da Davide Santandrea (elettronica, chitarre e sintetizzatori) con la partecipazione, per questo lavoro, di Marcella Trioschi al violoncello. Otto tracce, tutte in lingua inglese, che ci vengono presentate come un compendio di “cinismo esistenziale, caduta di ideali e fallimenti generazionali”. Concetti forti, pesanti, che presuppongono messaggi altrettanto forti e, soprattutto, facilmente percettibili.
La sensazione, alla fine dell’ascolto, è però che a divertirsi, come si dice “cantandosele e suonandosele addosso”, siano soprattutto i Be.holders. Si, perchè qui ci troviamo al cospetto di un prodotto a fruibilità zero (laddove per fruibilità intendiamo un coinvolgimento che sappia rendere partecipe chi ascolta e che non va confusa con la curiosità poichè trattasi invece di tasso emotivo), con una musicalità che vorrebbe miscelare elettronica ed ambient, strizzando però l’occhio anche al post-punk ed all’art-rock. Ora, che l’art-rock sia una forma di ricerca musicale che tende ad uscire dagli schemi più tradizionali per avventurarsi lungo percorsi alternativi, con più elevate aspettative rispetto alle consuetudini del pop, può anche starmi bene. Ma che tutto ciò possa avvenire abbinandolo a liriche che vorrebbero invece lanciare segnali forti sul declino del mondo e dell’umanità in affanno, è un controsenso, semplicemente perchè attraverso questo tipo di sonorità, il segnale non “arriva”. E quindi il messaggio si perde, per altro in un contesto un po’ confuso, in cui la noia tentatrice è sempre dietro l’angolo, perchè l’elettronica può indubbiamente contribuire a dare vita a mondi paralleli fatti di sensazioni avvolgenti, ma non lo può certo fare giocando con qualche effetto qui e là che non pennellando, ma scarabocchiando un brano. Con tutto ciò e con la convinzione che ricerca e sperimentazione possano condurre a non accettazioni come a sinceri apprezzamenti, non vi è nulla in questo album in cui io riesca a riconoscermi, dubito fortemente che possa incontrare platee entusiastiche e credo che molto vada rivisto anche nelle intenzioni artistiche di questa formazione, che ha indubbiamente tempo e buone pratiche (la voce di Francesco Rossi, nel video che riportiamo, è certamente interessante) per qualche nuova riflessione, magari proprio attraverso l’esperienza di questo primo progetto.