E’ certamente un progetto interessante questo “Dove gli occhi non possono arrivare”, il nuovo album della band siciliana La stanza della nonna che prende il nome da quel luogo che c’è in quasi tutte le case, la stanza della nonna appunto, quella che non si può mai aprire, una soglia che non si deve varcare.
Si tratta di sette tracce per la realizzazione delle quali la band ha fatto ricorso a diverse collaborazioni che hanno portato il contributo di forti individualità strumentali che arricchiscono il lavoro. Si, perchè in questo album lo spazio strumentale è molto ampio (l’ultimo brano è solo strumentale), ma ha una sua ragion d’essere, colora e dà profondità ad alcuni dei brani e non risulta mai invadente anche laddove, nella prima delle sette tracce, i contorni ad un certo punto assumono tinte rock piuttosto marcate. Il primo brano dell’album è quello che dà il titolo all’intero progetto; si apre con una premessa quasi affabulatoria per poi dare spazio a sonorità più pesanti, più determinate che, lo ripeto, non vanno mai a compromettere il cantato mentre il finale è solo strumentale. “Mendico” è una canzone di meno di due minuti che riesce a tratteggiare molto bene il ritratto di un disperato, pur se talvolta la linea melodica s’inerpica lungo sentieri un po’ affannosi. “Hai mai visto gli asini volare?” ha un taglio decisamente più cantautorale, una buona esecuzione che pone in passerella immagini paradossali ed improbabili e ci regala un’ottima chitarra che, anche qui, conferma il rispettoso connubio tra musica e parole. “Anima d’idrogeno” è quanto di meno riuscito vi sia in questi album, pare un innesto di brani diversi malamente legati tanto da non riuscire a dare un senso convincente ai suoi contenuti. Ma come spesso accade, dopo l’inciampo arriva il meglio: “O papà”, cantata in siciliano, è una canzone vissuta emotivamente, interpretata con trasporto, pur senza mai scivolare nei pantani di tristezze forzate, musicalmente è pressochè perfetta e con un crescendo finale in cui entrano in gioco anche i cori, assume una profondità ed una intensità che davvero inducono a più riascolti e seppure il dialetto siciliano per un piemontese non sia sempre di facile percezione, è la forza che c’è in questo in brano a parlare anche per le parole che non si colgono. Ed è certamente una bella canzone anche “Torri, cattedrali, strade e cimiteri”, un brano che racchiude in sè un che di filosofico sull’esistenza, sul passato e sul presente, su ciò che resta e ciò che va; anche qui, alla voce particolarmente incisiva di Gianluca Fontanaro, si aggiunge una musicalità coinvolgente. E si va a chiudere con “Mortell-in” un brano solo strumentale che, nella sostanza, nulla aggiunge e nula toglie all’insieme di questo interessante lavoro. La stanza della nonna è una band che certamente rivela una personalità decisa, non cede a mode e smorfie del momento, ha un buon impianto di base sul quale possono inserirsi con ottimi risultati musicisti “ospiti” di ottima levatura. Ed il progetto, alla fine, risulta assolutamente convincente.