Chi decide di affacciarsi al mondo della musica sa che dovrà armarsi di tanta pazienza e che sarà un cammino tutt’altro che semplice. Christian Frosio, cantautore bergamasco per il suo esordio discografico, ha deciso di complicarsi ulteriormente la vita occupandosi lui di ogni cosa. O forse no. Si è fatto forse il regalo più grande, esordire con un disco fatto a sua immagine, senza dover sottostare alle direttive di alcuno.
“Mille direzioni” è un disco che ti spinge a fare in conti con un senso di inquietudine, di solitudine, con il tempo che scorre delle volte lento, altre veloci. C’è nostalgia, ma non rassegnazione. Parole accompagnate principalmente dal suono di una chitarra che ci regala ora atmosfere leggermente rockeggianti, ora atmosfere più ballad. Con “Anime leggere” inizia l’ascolto di questo album. L’esistenza dell’uomo e la consapevolezza eraclitiana del panta rei. Si prosegue con “Apri la finestra” inizia: due anime a confronto, un invito a lasciarsi andare per chi deve andar via ed un invito a reagire per chi resta. Due anime legate ad un doppio filo. Un amore finito con la voglia di riappropriarsi della propria libertà a far da contrapposizione al desiderio – anche un po’ egoistico – di non voler uscire del tutto dalla vita della persona che si è amata, è il focus di “Distante”. Ritmicamente è il brano che più resta dopo il primo ascolto. “La nostra casa” è un rifugio onirico: c’è il rammarico di una mancata unione che spinge ad un profondo senso di solitudine. A metà disco Frosio depone la chitarra in favore di un pianoforte e piccole percussioni. Piacevole nonostante un testo nonsense. “Giocare col vuoto” ci riporta alle atmosfere di prima con la voglia di scappare da una realtà che non ci appartiene. “Mille direzioni” è l’emblema dell’insicurezza di chi vorrebbe cambiare pagina, ma qualcosa o qualcuno ci trattiene dal farlo. Il disco si chiude con oltre sette minuti dedicati a “Guarderò lontano”, un messaggio di speranza per un futuro migliore. Brano fortemente introspettivo. “Mille direzioni” è un album con tante sfaccettature, forse un po’ troppo malinconico per quanto carico di speranza.