E’ da qualche settimana in circuitazione “Tra le vie dei se”, il nuovo album della band rock pop milanese Sincrono. Si tratta di dieci tracce che, al termine dell’ascolto, lasciano una sensazione complessivamente piacevole, con qualche chiaroscuro, ma anche con alcuni scampoli vocali, strumentali e di testo assolutamente convincenti.
S’inizia purtroppo con uno dei brani meno riusciti dell’album, “Babylonia”, canzone che evidentemente per la band costituisce invece un qualcosa di rappresentativo, visto che proprio con questo brano è stato realizzato il primo singolo/video tratto dall’album. C’è pienezza musicale e c’è un discreto ritornello, ma non emerge un’originalità in grado di suscitare particolare curiosità. Ma ci rifacciamop subito con “Favola a metà”, una canzone delicata con un testo gradevole, un testo che racconta, come sempre meno avviene, anche in area cantautorale e che rivela con pienezza una buona sicurezza esecutiva. Anche “Il momdo intero tranne te” ha una sua buona fruibilità; la presenza strumemtale si fa via via sempre più piena (anche troppo), intorno al ritornello, ma il pezzo funziona. “Amore dammi sesso” ruota intorno ad un simpatico e sciolto gioco di parole che apre la strada ad un ritornello trascinante ed emerge anche una sezione ritmica assai dinamica. “Illuso” è un melodico pop che strizza l’occhio al rock; una canzone probabilmente meglio riuscita nelle intenzioni che non nella traduzione esecutiva. Ma una robusta chitarra acustica si fa largo in “Traccia in solo”, assecondata da un buon arrangiamento che rende via via la dimensione musicale più importante, quasi imperiosa verso la chiusa del brano, per poi lasciare l’ultima parola alla stessa chitarra acustica. Si fa più rokkeggiante il pezzo che segue: “Fuoco e cenere”, ma va detto che anche nei momenti in cui l’impegno strumentale si fa più importante, mai travolge o sommerge la dimensione vocale, il che oggi è tutt’altro che scontato, proprio in quel rock che spesso genera fraintendimenti sul senso e la portata del significato stesso del termine. “Mercoledì senza te” è il forse il brano migliore, soprattutto dal punto di vista strumentale; è un altro melodico rivestito di contemporaneità ed arrangiamenti molto interessanti che rendono l’atmosfera più profonda. Non gran che è “Io e te ancora”, nonostante una discreta presenza strumentale che non fa comunque decollare un brano decisamente di transizione. E siamo al capolinea con “Ai confini del creato” ove, a testimonianza di un certo senso poetico anche in buona parte dei testi, colgo al volo “…una lacrima che inquina il mio castello di parole…”, bella immagine, bell’andamento avvolgente di una canzone che sembra camminare con passo deciso, piacevole nonostante alcune sonorità un po’ “secche”, soprattutto della batteria. Si tratta comunque di un buon progetto discografico che per più dei due terzi di ciò che propone si rivela interessante; e spesso sono proprio i testi a conferire ad alcuni di questi brani una cifra artistica originale, più di quanto non lo siano la voce e gli strumenti che concorrono alla realizzazione delle dieci tracce.