“La via di fuga” del giovane cantautore brindisino Vincenzo Maggiore è quella comune alla moltitudine di artisti, che, per necessità o per scelta, optano per il crowdfunding e l’autoproduzione. In questo, il Nostro rappresenta in maniera limpida l’ideale autarchico del cantautore contemporaneo, costretto a spendersi in prima persona su ogni ruolo, da artista a pr, per dare espressione all’urgenza di comunicare, di lasciare una piccola traccia.
Una traccia che – si sa in partenza – rischierà comunque di finire soffocata in quel rumore di fondo che rappresenta l’altra faccia dell’apparente semplificazione che la tecnologia e la rete offrono in termini di accessibilità alla registrazione e diffusione della musica. Detto questo, il disco di Maggiore ha diverse frecce al suo arco: una musicalità ricca, sostenuta da una band dal suono solido, che si muove con intelligenza e un pizzico di imprevedibilità intorno a melodie fresche e accattivanti; storie in cui è facile specchiarsi, colte da uno sguardo sensibile al dettaglio e rese in parole semplici che nei momenti più ispirati si illuminano di una delicata poesia del quotidiano a tinte pastello. “Una sottile punta d’Africa”, che apre l’album con un incedere uptempo e un riff contagioso, rimane subito nell’orecchio, mentre la ballata “Parte unica” rivela la vena più intima dell’autore e “Casa mia” lascia intravedere una versatilità capace di sviluppi imprevedibili. Ci sono anche piccole sbavature, condonabili come peccati di gioventù (da una tendenza delle liriche a scivolare talvolta nel dichiarativo fino agli improbabili vocalizzi soul che deturpano “Parole sante”), ma ciò che emerge dal lavoro nel complesso ha una sostanza e un’energia che lasciano ben sperare per il futuro. – Maggiore, “Via di fuga” (autoproduzione, 2014)