Il pianto di Dalida
La notte del 27 gennaio del 1967, all’hotel Savoy di Sanremo, se ne andava per sempre Luigi Tenco. Poche ore prima, sul palcoscenico del festival della città dei fiori, aveva cantato “Ciao amore ciao” e la sua canzone era stata eliminata da una giuria che egli stesso, in un bigliettino fatto ritrovare in camera, aveva accusato di avere preferito il banalissimo brano “Io, tu e le rose” cantato da Orietta Berti. Se fu davvero questo il motivo scatenante che indusse il cantautore alessandrino a togliersi la vita non lo sapremo mai (e c’è ancora chi non è del tutto convinto che si sia trattato di un suicidio) Ma è invece certo che la morte di Tenco segnò profondamente la vita di un’altra grande cantante, Dalida, che quell’anno a Sanremo aveva reinterpretato in seconda versione la canzone di Tenco. Secondo molti, tra i due ci sarebbe stato del tenero. Forse fu soprattutto Dalida ad innamorarsi di quel ragazzo sfuggente e tenebroso il quale però pare che non avesse mai smesso di mantenere i contatti con quella che sarebbe stata la sua fidanzata, una ragazza estranea ai circuiti del mondo dello spettacolo. Ma per Dalida la morte di Tenco rappresentò una ferita mai rimarginata, sino al 3 maggio del 1987, allorquando, anche la cantante italo-francese, a Parigi, si tolse la vita con i barbiturici. Pochi mesi dopo la morte di Tenco, fu realizzata un’intervista nell’abitazione di Dalida. Un raro documento diffuso solo in tempi recenti, che testimonia la dimensione umana di una tragedia consumata sotto i riflettori.