C’è senza dubbio una ricerca di sonorità nuove e diverse in questo “Behind The Great Disguise”, recente album degli Yatra, e c’è anche una voce assolutamente interessante, quella di Denise Pellacani che, incurante dei ripetuti passaggi in cui viene oscurata o addirittura soverchiata, regala però qualche scampolo di estensione che non può passare inosservato.
Ed in fondo è proprio la voce e caratterizzare il progetto di questa formazione il cui nome significa viaggio (o pellegrinaggio) in sanscrito mutuato dalla lingua sacra indiana. Due chitarre, un basso e una batteria che a tratti riescono ad evocare qualche atmosfera estatica, come nell’ultimo brano, “Everlasting” (decisamente il migliore), almeno nella fase introduttiva, ma che frequentemente non paiono poi così alternativi ed anzi, spesso e volentieri si lasciano trascinare nei vortici di un rock indefinito ed indefinibile che alla fine somiglia al troppo indefinito rock che popola tanti e troppi circuiti di ascolto. E’ molto difficile oggi fare rock, ancor più lo è pensare di fare un rock alternativo riuscendo a darsi un’identità ed una credibilità. Nel caso degli Yatra, pur senza nulla voler togliere alla buona manualità strumentale di ciascuno dei componenti deli gruppo, l’unica cifra identificativa reale è, come ho detto in apertura, la voce di Denise. Senza di lei questa formazione sarebbe una delle tante band perse nel mare magnum degli italici rokkettari ed anzi, quel “distintivo” di “rock alternativo” di cui il gruppo pare volersi fregiare, in realtà rischierebbe di rendere ancora meno fruibile il progetto, proprio perché troppo omologabile. Gli Yatra credo siano una formazione assai più interessante in dimensione live nella quale, a divenire attrattiva, è soprattutto la spettacolarizzazione dell’esibizione. In dimensione cd l’attenzione di chi ascolta fatica a rimanere desta perché troppo spesso manca quel battito d’ali che riesca a stupire.
