E’ uscito da qualche tempo un album tanto difficile quanto affascinante intitolato “Phonorama”. E’ l’ultima fatica di Maurizio Curadi, musicista e conpositore che in questo progetto si prodiga tra chitarre, corde, echi ed oggetti per dare vita a percorsi musicali che è praticamente impossibile inquadrare in uno specifico genere, ma che nell’insieme, brano dopo brano, offrono sostanzialmente sensazioni.
Vi sono dei titoli, certo. I titoli di sei tracce più altre tre extra, ma si tratta di titoli messi lì, perchè la convenzione dice che ogni brano deve avere un titolo. In realtà il titolo lo potrebbe mettere ogni ascoltatore. E sicuramente andrebbe a crearsi un mosaico di titoli diversi. Perchè diverse e personalizzabili sono le sensazioni trasmesse da questi brani in cui la sperimentazione trova ampio respiro. A tratti pare che Curadi giochi con le note e con gli strumenti, producendo suoni che sembrano sorprendere lo stesso autore, un po’ come accade ai bambini quando picchiando con un cucchiaio su di un bicchiere o un piatto, producono suoni per loro stupefacenti. Poi però, l’uso degli strumenti rivela una manualità che nulla affida al caso. Ciò che trasmette la mente per Curadi è musica, è interpretazione di immagini, ma soprattutto di atmosfere. Ed a ciascuna di queste immagini e di queste atmosfere, l’artista conferisce un colore, ma soprattutto un “sentire” che attraverso la sua musica diviene “sentire” comune. E’ buona musica? E’ improvvisazione? E’ ricerca? E’ il parlare con il linguaggio delle note per trasferire, in modo quasi subliminale, le sensazioni che Curadi prova? Forse un po’ di tutto questo. Certamente non è un percorso facile, ma nonostante ciò si tratta di un buon lavoro d’ascolto, talvolta un po’ azzardato, in altri momenti fintamente banale. Ma è certamente un progetto che merita di essere ascoltato per la sua originalità e per vivere con curiosità gli stati d’animo dell’artista e confrontarli con quelli che ci procura il suo modo di pensare alla musica.