LOIZZI, DISPERAZIONE…CONTENUTA

“Canzoni quasi disperate” è il titolo del secondo album del cantautore pugliese Luca Loizzi che si pone al cospetto dell’attualità con lucida amarezza, che non si trasforma però mai in pianto, rabbia contenuta, che non sfocia mai nella disperazione. Si parla un po’ di tutto in queste dieci tracce che hanno quale denominatore comune la semplicità. Non si va alla ricerca di effetti iperbolici, né ci si riempie la bocca con rovesci di parole a effetto.

 

Ciò che Loizzi canta è percepibile e chiaro e lascia trasparire il disincanto di chi affonda in una società che ci hanno fatto credere quasi perfetta e che, invece, rivela ad ogni passo storture ed inganni. Loizzi canta tutto ciò affidandosi a ritmi spesso scanzonati ed orecchiabili (è il caso di “Un poeta scadente” che apre l’album, ma anche di “Se per caso”, brano che inizia con il classico gracchiare dei vecchi vinili percorsi dalla puntina del giradischi, eppoi assume contorni di un brano che a tutto tondo non ci saremmo stupiti di trovare in gara in un Sanremo degli anni Settanta). Ed a tratti accentua il percorso quasi autobiografico che caratterizza questo suo lavoro, con brani come “Sempre più giù” (anche questo scanzonato pur nella severità dei suoi contenuti) o “Estate di merda” che, eufemismo del titolo a parte, racconta sensazioni vive attraverso lo scorrrere del tempo e dei personaggi. Una delicatissima introduzione al pianoforte ci accompagna all’ascolto di “Da domani”, che rivela anche una certa cura negli arrangiamenti mentre “Ti ringrazio” è una struggente canzone d’amore. Se proprio si deve indicare un brano non troppo riuscito, questo è “Tempi moderni” cui segue, in ripresa, la ballata “I miei giorni migliori” che torna a porre in evidenza tenatiche esistenziali e sociali, prima di approdare alla conclusione con “Valzer senza nome”, che è un’altra storia d’amore o meglio, una sorta di fiaba d’amore. Un prodotto complessivamente pulito e lineare quello di Luca Loizzi e degli ottimi musicisti che lo hanno accompagnato. Non s’inerpica sui pendii di difficili sperimentazioni ed anzi, concede ripetutamente atmosfere che riportano ad epoche meno cervellotiche e più immediate (talvolta senza trascurare un pizzico di ingenuità), ma si approda all’ultima nota d’un sol fiato, con il gusto sadico di immaginare come arricceranno il naso alcuni critici “fatti” di sociologia da salotto snob. Interessante il libretto dei testi, ove al posto dei testi l’autore…..racconta le sue canzoni. Originale.

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