“Senza rumore” è il titolo dell’album di Giumara &The Pinknoise pubblicato per l’etichetta Alka Record Label. Un lavoro complessivamente interessante, con qualche chiaroscuro disseminato qui e là tra le nove tracce che caratterizzano il progetto.
S’inizia con “La ferrovia”, una canzone dalla linea melodica un po’ contrastante nella quale ad un certo punto pare innestarsi un brano che poco o nulla ha da spartire con quello che si sta ascoltando; si percepisce comunque l’intento, che rimane però in parte incompiuto. “Limite” è invece il brano più interessante dell’intero lavoro, ottima la linea melodica, ottimo il testo, molto buono l’arrangiamento il tutto con un ritornello che “arriva”. “Euridice” ha un buon andamento, ma ci consente di aprire una parentesi su questo e su altri testi di questo album: la ricerca dell’originalità è lodevole finchè non deborda nell’ambiguità, cioè, in questo caso, nel mettere insieme frasi dal forte impatto lirico, ma nel contesto prive di significati percettibili; che significa infatti…”Silenzi bianchi attorno all’iride e non li senti più e non cammini. Le parole sorde e subdole gelate al blu dei fiori finti…”? Proseguiamo con “Il vento”, fatto di frasi che vengono scandite ritmicamente e che per certi aspetti affievoliscono il senso emotivo del brano, per altro in questo caso non sorretto neppure dagli arrangiamenti; è forse la canzone meno riuscita. In verità poco comprensibili i rumori e le voci si fondo confuse di ”Sala d’attesa”, che fortunatamente ha una durata inferiore al minuto. Ma si torna a crescere con “Amore civile”, che ha un bel ritornello ed arrangiamenti che riescono a fare da sfondo e da cornice ad un testo che ancora suscita qualche perplessità (“…La vedi ancora in me la bestia? Un assalto verticale come monaco nel mondo vestito bene sul litorale…” bello, ma che vuol dire?). E si prosegue con la triste storia di “Wigley Filomena”…che il 27 aprile incontra l’angelo della morte a Candelara; un brano che racconta, descrive, colora una vicenda lugubre, lo fa con un ritmo un po’ cantalenante, che è però sostenuto proprio dalla dimensione narrativa. In “Femminicidio” si coglie una buona intenzione che barcolla però tra una linea melodica che non convince ed un testo enigmatico. E si va a chiudere con “La tentazione”, canzone con un buon ritornello, un testo ancora un po’ così, un’esecuzione, come tutte le altre, tutto sommato gradevole. “Senza rumore” è un album che ha il pregio di cercare di dire qualcosa di diverso e lo fa scegliendo strade non ancora percorse. Con tutti i rischi che ciò comporta. Ma alla fine si può parlare di un buon lavoro, di quelli che si riesce ad ascoltare senza distrarsi e che, qui e là, regala anche qualche intuizione di rilievo.