I più erano abituati a vederlo sul palcoscenico di “Zelig” nei panni del cabarettista, divertente e disinvolto. In realtà, Flavio Oreglio è un cantautore che dalla sua vena comica ha ricavato una verve musicale che emerge tutta in questo piacevolissimo “Anima popolare”, album di sette tracce e un po’ (l’ultima è di soli 39 secondi) scaturito da un incontro al curioso Circolo dei Poeti Catartici di Pregola ove, in occasione di una festa, si sono incontrati musicisti e musicanti di estrazione popolare provenienti dalle quattro province di Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova.
Un incontro che ha rispolverato un certo modo di pensare alla musica, cominciando a rimestare tra quella di autentiche icone come Fo, Gaber, Jannacci, Svampa; arie di campagna e di osteria come “Benvenuti”, il brano che apre il cd con una ventata di vivacità e di allegria ed un arrangiamento coinvolgente nella sua semplicità. Ecco poi “Anima popolare”, la canzone che dà il titolo all’intero progetto, scritta con la collaborazione di Canossi e Luca Bonaffini e nella quale emerge maggiormente una dimensione cantautorale coadiuvata da un buon testo ed un piacevole coinvolgimento strumentale. “Bluzer Revoloscion” è una canzoncina divertente che dà adito alla chiave di lettura più comica di Oreglio mentre il grano che segue, “Ma mi” è il pezzo storico della canzone milanese e non solo, scritto da Carpi e Strehler e portato al successo negli anni Sessanta dalla sontuosa interpretazione di Ornella Vanoni; nulla da dire anche su questa versione, “sentita” al punto giusto e con gli ultimi secondi dedicati, non si sa bene perché, a poche battute di una canzoncina che dovrebbe intitolarsi “La vita è una brugola”. Si prosegue poi con il brano forse più bello dell’album, “Blues dei deliri quotidiani” nel quale Oreglio fa bella mostra della sua voce, gli arrangiamenti sono trascinanti come lo deve essere un blues e l’armonica di Fabio Treves mette all’insieme una marcia in più. “Mezza minerale” è una canzoncina divertente da festa dei coscritti o da caserma con un simpatico testo…a tema per chiudere poi con “Bounty”, brano che meno degli altri riesce a incuriosire e trattenere l’attenzione di chi ascolta. E’ un lavoro piacevole nel quale il piffero troneggia più volte richiamando sonorità passate, un album che si colloca al di là delle mode ed assume una dimensione “conservativa” di un modo di pensare alla musica e di interpretarla che grazie proprio a personaggi come lui, sta attraversando le generazioni.