Un giornalista di provincia al Festival di Sanremo

Confesso che il fatto di ritrovarmi, come direttore responsabile di questa testata, a parlare di un mio libro appena pubblicato, genera in me qualche imbarazzo e qualche reticenza. Ma, volendo considerare amici, ancor prima che lettori, coloro che avranno la pazienza di andare oltre, mi va di sottolineare che ho preferito essere io a parlare del mio lavoro, anziché affidare ipocritamente questo compito a qualche collaboratore, fingendo di esserne all’oscuro o quasi. Dunque ho scritto un libro e ne parlo in questa sede perchè è un libro che si occupa di musica. Meglio ancora, di musica e di un certo ambiente che ruota intorno alla musica. Dopo 25 anni di presenza costante nella sala stampa del teatro Ariston, nei giorni convulsi del Festival di Sanremo, ho voluto affidare alcune mie riflessioni ad una pubblicazione intitolata “Un giornalista di provincia al Festival di Sanremo”, per raccontare ciò che nessuno ha mai raccontato.

 

Si, perchè i giornalisti che vanno a Sanremo parlano (o dovrebbero parlare) di cantanti, canzoni, luci, colori, moda, gossip. Ma chi parla dei giornalisti? Chi ha mai raccontato che cosa avviene in quei giorni nella sala stampa di una delle manifestazioni musicali più famose del mondo? E, credetemi, vi stupirete scoprendo atteggiamenti e reazioni, commenti e prepotenze di esponenti di una categoria che ha la responsabilità dell’informazione. Certo, generalizzare sarebbe ingiusto ed anzi va detto che la maggior parte dei colleghi incontrati in questi anni, è rappresentata da persone che fanno onestamente il loro lavoro e lo fanno in silenzio e con passione. Ma come ignorare il comportamento di quelli che, perlopiù rappresentanti delle tre o quattro maggiori testate nazionali, si lasciano andare con troppa frequenza a commenti “fuori taccuino”, sceneggiate, inopportune passerelle, ostentazione di amicizie e di potere, valutazioni che spesso esulano dal contesto musicale ed artistico? Come dimenticare le piazzate in sala stampa di coloro che in una canzone di Nek individuarono una campagna antiabortista o nell’imbarazzo di una giovanissima Pausini il pretesto per sgomitamenti e sarcasmi fuori luogo? Come ignorare l’applauso “politico” alla carnevalata della Riserva Indiana, gruppo capeggiato da Davide Riondino e Sabina Guzzanti, quando in teatro per parlare della tragedia dei nativi era approdato, proveniente proprio da una riserva, lo scrittore cheyenne Lance Henson? Ma non solo di giornalisti si parla (dei quali per altro, volutamente, non faccio i nomi poiché non è il ludibrio la finalità di questo libro), ma anche di cialtroni, millantatori, truffatori e mestieranti che in quella settimana sanremese popolano gli alberghi, i ristoranti, le strade e talvolta anche il teatro Ariston. E, giustamente voi direte, i cantanti e le canzoni? Ecco, leggendo questo libro scoprirete che in quello che per decenni è stato considerato il tempio della canzone italiana, di canzoni e cantanti si parla poco. La vera svolta del Festival di Sanremo probabilmente starebbe tutta qui: mettere da parte la politica, gli interessi e le cialtronate per parlare soprattutto di canzoni e cantanti pretendendo che questi siano davvero la sintesi dei momenti musicali del nostro Paese. Non il frutto di partecipazioni mercanteggiate con le grandi major discografiche.

“Un giornalista di provincia al Festival di Sanremo” di Giorgio Pezzana – 150 pagine –  15 euro – Editore Zona – Cercalo in libreria o (scontato) nei circuiti online

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