Si è spento all’età di 78 anni il cantautore Jimmy Fontana, interprete di grandi successi tra gli anni Sessanta e Settanta.
Ricordo Jimmy Fontana in una sera d’estate del 2005. A Biella era in corso un’importante manifestazione internazionale intitolata “Sul filo della lana” ed il cantautore era stato invitato tra gli ospiti di una serata, sontuosamente allestita, in una grande terrazza ricavata all’interno di uno stabilimento dismesso. Un modo come un altro per tentare di coniugare l’archeologia industriale del territorio con l’evento che si andava consumando e che stava portando in città esponenti del settore manifatturiero e del mondo dell’arte provenienti dall’Italia e dall’estero. Ero stato interpellato per introdurre l’esibizione di Jimmy Fontana con una sintesi del suo percorso artistico, dai primi successi degli anni Sessanta sino alla scalata delle hit parade con brani come “Il mondo”, “La mia serenata”, “Che sarà” e molti altri. La presentazione avvenne in un contesto di totale disinteresse, tra crocchi di persone che parlavano e ridevano sguaiatamente, altre attratte solo dalle delizie del buffet, altre ancora che con fare austero commentavano l’andamento dei mercati lanieri e della Borsa. Nulla di nuovo per chi conosce il Biellese e, soprattutto, i biellesi. Lo stesso organizzatore della serata ripetutamente mi passò accanto sussurrando “….maleducati…. sono dei veri maleducati…”. Poi toccò a Jimmy Fontana. E le cose non migliorarono. Una decina di persone si avvicinarono al palcoscenico, le altre rimasero rumorosamente assenti e indifferenti. Lui cantò cinque suoi brani, tanti quanti ne erano stati previsti dal contratto (scelti ovviamente tra quelli di maggior successo) poi lasciò il microfono alla giovane Valentina Mei, che avrebbe proseguito la serata. Qualche applauso distratto e tutto tornò come prima. Dopo qualche istante vidi Fontana ed il promoter che lo aveva portato a Biella (Gianfranco Berto, morto ormai da alcuni anni) seduti su di un divano con aria annoiata ed un bicchiere di prosecco in mano. “Perchè non ce ne andiamo a mangiare una pizza?….” proposi “intanto qui, come vedete, non c’è nulla che giustifichi la nostra presenza…”. Entrambi pareva non attendessero altro. “Andiamo!” disse Jimmy Fontana scattando in piedi, subito seguito da Berto. Raggiungemmo un ristorante al borgo storico, lontani da quel caos fatto di spocchia e maleducazione. Lì, seduti a tavola, fu finalmente possibile chiacchierare con tranquillità. “….Che gente strana avete da queste parti….” disse Jimmy Fontana versando il vino nei bicchieri. “Diciamo strana….” disse, di rimando, Gianfranco Berto osservando me e mia moglie Maurizia con sguardo ironico e malizioso. E si cominciò a parlare di musica, degli anni Sessanta, così lontani e diversi dagli anni 2000, tanto da apparire quasi fiabeschi, di personaggi rimasti in voga e di altri dimenticati. Feci il nome di Sergio Endrigo. “Povero Sergio” disse Fontana “non so per quanto ne avrà ancora”. Calò un silenzio improvviso. “Come?” dissi “in che senso?….”. “Non lo sapete?” rispose il nostro interlocutore “Sergio è malato seriamente da qualche tempo e va via via peggiorando….non so per quanto ne avrà, ma temo per poco”. Due mesi dopo Sergio Endrigo morì. La serata si concluse un po’ mestamente. Di Jimmy Fontana mi rimase il ricordo di una persona garbata, fiera delle sue origini marchigiane (era di Camerino), con un’idea non troppo lusinghiera sui marchigiani, professionista serio, che molto probabilmente avrebbe conservato un ricordo allo stesso modo poco lusinghiero dei biellesi.