I “griffati” ed i figli della schifosa

Nell’articolo-intervista ad Amadè che compare qui sotto, redatto da Enrica Ferrari, ad un certo punto leggerete “…Mario Luzzatto Fegiz parla di lui sul Corriere della Sera, la Universal ripubblica il suo album di esordio cambiandone il titolo…”. Questo passaggio mi offre il pretesto per una riflessione: poichè la Universal non ha certamente offerto un contratto ad Amadè perchè di lui aveva parlato Luzzatto Fegiz sul Corriere della Sera, è verosimile che Luzzatto Fegiz abbia parlato di Amadè poichè a questo talentuoso musicista era stato proposto un contratto dalla Universal, che lui aveva firmato. Diversamente, nè Luzzatto Fegiz nè buona parte dei critici delle più gosse testate, avrebbe parlato di questo cantautore. Poichè, in realtà, a fare meritare una citazione a firma Fegiz, Venegoni ed altri vecchi soloni del giornalismo musicale, non è l’oggettivo valore dell’artista, ma la griffe che gli viene appicciata addosso. Se è quella di una major, può trattarsi anche degli evanescenti e già artisticamente defunti vincitori di un talent show (vedi Carta e Scanu). Se l’area di appartenenza è quella indi, allora cala la più totale indifferenza. Lascio al lettore l’interpretazione di questi atteggiamenti, anche se 25 anni di frequentazione della sala stampa del Festival di Sanremo qualche suggerimento in proposito me lo indurrebbero con facilità.

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