La chiamano “La First Lady dell’organo” e Barbara Dennerlein, 35 anni di attività alle spalle nonostante sia una giovane signora, quando posa le sue dita sulla tastiera del magico organo “Hammond”, pare avviare ogni volta un volo che porterà lontano la sua espressività artistica, ma soprattutto la mente di chi, assorto, rimane ad ascoltare.
In Germania è recentemente stata la regina delle hit parade tedesche riservare al jazz e vanta collaborazioni ad altissimo livello con artisti di fama internazionale. Il suo album “Barbara Dennerlein – Solo” rappresenta probabilmente l’apoteosi della sua maestria e della sua lunga carriera. Una sorta di “regalo” che ha voluto concedersi e concedere a chi l’ascolta attraverso la magìa di uno strumento che nel nostro Paese deve la sua notorietà principalmente all’utilizzo che tra gli anni Sessanta e Settanta ne fecero gruppi che portarono al successo in Italia brani di grande respiro internazionale. E’ il caso, tra i tanti, dei Dik Dik nella loro versione di “A Whiter Shade of Pale” (divenuta “Senza luce”), ma anche di altre formazioni quali la Premiata Forneria Marconi, Le Orme, i Pooh. A livello internazionale gli organi Hammond furono usati da tutti i più grandi gruppi della scena rock degli anni Settanta, da Keith Emerson a Brian Auger, dai Procol Harum appunto, sino ai Pink Floyd ed ai Traffic. Va comunque ricordato che i primi ad usare l’organo Hammond sin dagli anni Cinquanta furono proprio musicisti di area jazz (tra i tanti Jimmy Smith), quell’area ove Barbara Dennerlein lo ha riportato, magnificandone l’espressione e l’inconfondibile timbro.