GIRAUDO, UN MOSAICO PER “STARE BENE”

Suoni che sembrano provenire dal passato. Canzoni che potrebbero tranquillamente appartenere  ad artisti degli anni ‘70. Eppure “Star bene” è un disco figlio del neo nato 2019 che porta la firma di chi nel Settantuno ha visto la luce ma probabilmente qualche anno dopo, Andrea Giraudo, si sarà catapultato in quelle atmosfere con la curiosità tipica di un bambino.

Questo album è una miscela di rock, pop, blues e tango argentino colorato da una voce potente, graffiante, sapientemente controllata che permette di spaziare tra i diversi generi senza difficoltà alcuna. Ad “A chi resterà” l’onere di aprire l’album, ma a dispetto di quanto scritto poco prima, ci si trova dinanzi ad una ballata sussurrata con un magnifico pianoforte a  fare da sottofondo. È un brano a se stante, si discosta molto dalle successive tracce, ma ne suggerisco un attento ascolto. Il ritmo si fa strada con la successiva “Chi sarai mai”, associata all’immagine di un cowboy munito di chitarra per la sua cowgirl. In “Cuore amico”, la paura di vivere un amore. La fisarmonica regala a “Dieci anni” un tratto distinguibile ed è ancora l’amore il leit motiv ma stavolta è dedicato, urlato, dichiarato. Viene da accostarlo a Vinicio Capossela nella sua “Che coss’è l’amor”. Si prosegue con la title track “Stare bene”, corale e sarcastica “fingere che non ci sian catene”. Atmosfera da saloon per “L’isola in due”: ritmo cadenzato e parole che sembrano messe fintamente a caso. La seconda metà del disco si apre con “Poker” un tic tac che ricorda un orologio a pendolo da far da sottofondo ad un brano che sembra più un’opera teatrale. Si cambia registro con la successiva “La clessidra” con i rullanti di una marcia che pare vogliano sottolineare il tempo che scorre. Ritornello facilmente canticchiabile a dispetto di un testo tutt’altro che banale. Mix assolutamente perfetto. “Un mondo cassetto” il mandolino ed una voce graffiante a gridare la rabbia per il mancato coraggio. In “Potere volere” atmosfere rock e la convinzione che basta “volere per potere”. Blues per “Virgole in pasto” e musica tendente all’elettro pop per “La guarigione” a chiudere l’album. Una piacevole scoperta.

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