Nate libere…e poi private

Coloro che, come me, facendosi la barba al mattino, scoprono che il sale è sempre più frequente rispetto al pepe, quelli che hanno passato la quarantina insomma, hanno vissuto la favolosa epoca delle  radio libere. Si chiamavano proprio “libere” e non “private”. Era il 1976 quando la Corte Costituzionale fu chiamata a pronunciarsi sulla liberalizzazione delle emittenze e fu una vera rivoluzione…

 

“Amo la radio perché arriva dalla gente / entra nelle case e ci parla direttamente se una radio è libera, ma libera veramente / piace ancor di più perché libera la mente”. Chi non ricorda Finardi e la sua “la radio”? Qualche anno dopo mi ritrovai anche io a fare il dj in una radio libera e fu davvero una grande esperienza. La musica ascoltata, commentata, entrava in tutte le case, i discografici approvavano e la gente si sentiva libera di esprimersi: ricordate le dediche? Questa fu la prima forma di comunicazione virtuale, antesignana del web e delle chat, la gente comunicava per interposta persona, e il dj assumeva un importantissimo ruolo di mediatore, in pratica un “Deus ex machina”  dal quale dipendeva il destino della tua comunicazione… libera e quasi gratuita, se si esclude il prezzo delle telefonata che avevi fatto. Questo tempo passò. Nel 1982 vi fu una riforma che prevedeva la responsabilità di un giornalista iscritto all’albo che garantisse l’origine della radio. Poi, nel 1986, si permise alla radio di rimanere, a patto che svolgesse una funzione di pubblica utilità, cioè che fosse in grado di garantire almeno due notiziari al giorno e che questi avessero un interesse quantomeno provinciale. Questa “riforma” segnò la definitiva fine delle radio libere che divennero networks commerciali.Per arrivare a questo risultato occorre spendere alcune parole sulle premesse che lo consentirono e lo provocarono. I costi: una radio con un trasmettitore, avente 20 watt pilota ed un ripetitore di 100 watt, poteva facilmente essere ascoltata in una regione grande come il Piemonte e la Lombardia messe insieme, con un costo piuttosto ingente per i tempi (non dimentichiamo che in quegli anni si stava appena uscendo dalla crisi economica  causata dallo shock dei prezzi petroliferi) e l’unica forma di sostentamento delle radio era la pubblicità. In questo senso sorsero le prime dicotomie tra la forte peculiarità locale della radio e gli interessi, altrettanto locali dei piccoli, o piccolissimi sponsor, in contrapposizione alla diffusione nell’etere che varcava i confini campanilistici. Presto i piccoli, o medi sponsor del paese o della cittadina dalla quale la radio trasmetteva, non trovarono più conveniente aderire all’iniziativa e qualche radio cominciò a chiudere i battenti. Altre cominciarono ad organizzarsi in reti (net) per cercare di vendere pubblicità, altre ancora si costituirono a livello imprenditoriale, unendo il mezzo televisivo a quello radiofonico, con la conseguenza che quest’ultimo finì con l’essere fagocitato dalla tv. “Video killed the radio star”, non a caso venne scritta e cantata in quel periodo. Le majors: i discografici divennero editori, poi anche possessori di televisione e venne a crearsi un sistema, prima solo nazionale, poi allargato a livello di più stati. In qualche caso (“Virgin” ad esempio) il discografico cominciò ad ampliare il proprio business, estendendolo a  tutto il settore dell’entertainment, fino ad arrivare alle bibite ed alle compagnie aeree. La musica da libera divenne imposta: i palinsesti vengono infatti dettati dalle etichette discografiche e lo spazio per l’emersione di giovani talenti trova sempre minor supporto, soffocato dalla ragione del denaro. La conseguenza e nelle orecchie di tutti: quello che si ascolta (fatte le dovute eccezioni) è stereotipato, i cantautori sono considerati come dei mostri sacri, ma anche come delle mummie viventi, icone di un passato ante litteram. I giovani nascono già “imparati”, confezionati in show televisivi e preselezionati sulla base della loro immagine: più sei malleabile, più sei adatto. Cara vecchia originalità , cara vecchia interpretazione, cara vecchia anima della musica… Nate libere.

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