I Parco Lambro realizzano un album intitolato…”Parcolambro”. Sono sette tracce che un package di felice concezione grafica ed artistica rende promettente. In realtà, ci si accorge ben presto che dietro all’etichetta rock-prog si cela un po’ di confusione e fors’anche un po’ di goliardica scaltrezza.
Sia chiaro, qui c’è gente che sa suonare e che non vuole perdere l’occasione di dimostrarlo con pezzi di bravura, meglio definirli virtuosismi, che lo rivelano e che sbarazzano il campo dal sospetto di avere a che fare con un’accolita di furbastri senza arte né parte. Però, l’entusiasmo che possono generare alcuni virtuosismi, la curiosità suscitata da alcuni effetti ed il desiderio di interpretare un concetto di ricerca che dia l’impressione di andare più in là di oltre, non generano complessivamente un prodotto capace di risultare convincente. S’inizia con “#5”, un rock subito aggressivo, quasi che la band voglia fare vedere i muscoli sin dalle prime note, insomma, va in campo l’artiglieria pesante senza troppa originalità, ma con un’ottima batteria in chiusura. “Nord Parte Ia” popone un rock che sconfina palesemente nel free jazz dando vita ad un brano molto articolato e…ingarbugliato, che solo nella fase finale fa prevalere l’anima più prossima al rock. Quindi “Nord Parte Iia” con un inizio che potrei definire “un batterista alle ferriere”, poi però il brano prende poi forma, regalandoci chitarre molto aggressive che volano su di una dimensione frenetica. Con “Not For You” si apprezzano le belle variazione di sax su di un “tappeto” un po’ monocorde che cambia con un’innesto d’alto giardinaggio che trasferisce le variazioni alla chitarra, con un “tappeto” un po’ meno monocorde e la batteria che si fa largo sino ad un secondo innesto in cui compare la voce e riappare il sax; detta sinceramente, quasi tredici minuti per tutto questo sono davvero troppi, come rivela anche un finale molto tirato. E si approda a “Notturno”, titolo beneaugurante per un brano che si apre con tonalità di suoni e di effetti inquietanti, lasciando presagire che più che una notte di quiete si tratterà di un incubo; poi entra in gioco lo stridore delle chitarre e di “notturno” non rimane più nulla; ancora virtuosismi ed una batteria che va al di là del proprio ruolo più abituale; quando torna la calma si ha la sensazione di uscire da un delirio, il sax gioca nuovamente con le note, genera una gradevole atmosfera e subito riesplode la chitarra. E si giunge alla fine del percorso con “Ibis Parte Ia” e “Ibis Parte Iia”, almeno inizialmente più “pensato” il primo brano, in linea con la parte meno convincente di questo lavoro il secondo. Senza entrare nel merito della fruibilità di tanta parte di queste tracce, è intuibile forse una maggiore immediatezza in dimensione live. Il che non allontana però le riserve ed i dubbi già esposti.