D’ALI’, AFFABULAZIONI E NOSTALGIA

La prima caratteristica che spicca, dell’album di esordio dei D’alì, “Vostok” è la bella voce, piena e suadente, del cantante e chitarrista Mirko Di Bello. Lo stesso Di Bello risulta essere l’autore dei testi, e qui iniziano note un po’ più dolenti.

Su melodie ed arrangiamenti molto pop, dal suono elettronico pesantemente vintage, si dispiegano liriche dall’impatto discontinuo. Tale efficacia incostante è soprattutto dovuta a curiosi quanto fastidiosetti inciampi nella metrica, che soffre di quella sindrome da “affastellamento di parole” piuttosto diffusa tra gli autori di testio nostrani. In breve: qua e là troppe parole in troppa poca musica. Problema che si percepisce per esempio in modo piuttosto evidente in “The new Brando”, specie nella parte iniziale, depotenziando il condivisibile messaggio contro la mercificazione selvaggia dei talent. Nessun effetto del genere invece nel brano appena successivo “Lo sguardo di ‘Elle’ “ ove le parole seguono fedelmente il sentiero musicale, in riflessioni di fronte allo sguardo imperscrutabile della Gioconda di Leonardo. Se le tematiche sentimentali di “Una Vera Estate” e “Ancora io e te” possono suonare un po’ banali, sino ad una certa ingenuità, si rivalutano nelle immagini quasi pittoriche di “Il Giorno che vorrai”, pezzo classico e soft con bel ritornello dalla melodia molto aperta. La sensazione di trovarsi in una bolla temporale anni ’80 o persino ’70 non ci lascia praticamente mai durante l’ascolto. Particolarmente palpabile nell’arrangiamento di “Canzone per noi” ed in quell’inciso un po’ ossessivo di “Camilla”. E’ evidente che la band tarantina ami i suoni e le atmosfere rétro. E li usa a piene mani, seppure con successi alterni, per costruire un lavoro le cui tematiche si incentrano con particolare attenzione proprio sulla nostalgia, sul passare ineluttabile del tempo. E sul viaggio, sia fisico che temporale.

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