I numeri che hanno accompagnato l’ultima edizione del Festival di Sanremo, impongono alcune riflessioni che vanno al di là della manifestazione. Se un evento, sia pure un festival che fa parte della storia di questo Paese, per cinque lunghissime serate televisive, riesce a mantenere un’audience media che si aggira intorno ai 10-11 milioni di telespettatori ed uno share che oscilla tra il 50 ed il 55% significa che la musica continua a rappresentare una grande, grandissima attrazione per il pubblico. Un pubblico che quest’anno è stato collocato in una fascia media di età di 54 anni e che, rispetto alle passate edizioni, ha visto un più significativo seguito anche da parte delle generazioni più giovani. Dunque, dopo 68 anni dalla prima edizione, il festivalone piace ancora anzi, piace sempre di più visto che i dati di ascolto di questi ultimi anni hanno fatto registrare una crescita progressiva di audience e di share. Probabilmente, il segreto del grande successo di quest’ultima edizione, affidata alla direzione artistica di Claudio Baglioni, è stata paradossalmente proprio la musica. Baglioni ha voluto un festival in cui la musica fosse quasi l’unica ed indiscussa protagonista. Nel corso delle cinque serate sul palcoscenico sono state eseguite 120-130 canzoni e si sono alternati oltre una cinquantina di artisti (tra quelli in gara e gli ospiti). Pochissime sono state le varianti non musicali, pochissimi gli ospiti stranieri a testimonianza del fatto che la canzone italiana può fare audience senza il supporto, sino a qualche anno fa ritenuto indispensabile, dei più grandi (e più costosi) big della canzone internazionale. Indubbiamente la rassegna sanremese continua a rappresentare un evento storico e di costume, che come tale riesce a mobilitare un sistema mediatico come non accade per nessun’altra delle ormai poche trasmissioni televisive rimaste dedicate alla canzone. Ma se il Festival di Sanremo riesce a convogliare così tante attenzioni, per quali ragioni poi, gli stessi numeri non trovano riscontro nelle vendite discografiche? Il problema si pone ormai da diversi anni e coincide con l’inizio di una crisi discografica che pare non trovare vie d’uscita. Una risposta forse la si può trovare in internet. Lo rivela un numero di per sé apparentemente di poco conto, ma che rivela invece una tendenza crescente. Lorenzo Baglioni (non c’entra nulla con il più noto Claudio) era uno degli otto giovani in gara i cui brani (contrariamente a quelli dei big) erano già disponibili prima delle cinque serate sanremesi. Ebbene, questo esponente delle “nuove proposte” è approdato alla serata della sua esibizione al teatro Ariston con un bagaglio di quasi due milioni di contatti su youtube ove con un video viene presentato il suo brano in gara, “Il congiuntivo”. Facile immaginare che nessuno di quei quasi due milioni di contatti andrà in questi giorni ad acquistare il cd con la canzone di Baglioni, basta internet, che offre come valore aggiunto anche il video. Discorso analogo per tutti gli altri protagonisti del Festival, a confermare che i disco (o cd) rappresenta ormai, in modo pressochp irreversibile, un supporto superato. La musica passa sempre più attraverso le immagini e la totale inesistenza di una norma che regoli la fruizione online di queste immagini (e quindi delle canzoni che accompagnano) mette in ginocchio l’industria del disco. Che, come i dati sopraelencati dimostrano, non coincide affatto con un dilagante disinteresse nei confronti della musica, ma solo con una diversa e più attraente (e gratuita) fruibilità.
Giorgio Pezzana