A leggere la biografia di Silvia Tognelli, in arte Silvia Conti, ci si trova al cospetto di una muraglia di date e di dati che rivelano una carriera già molto consolidata e vissuta, che nel 1983 vide la cantante trionfare al Festival di Castrocaro e l’anno successivo pronta ad approdare sul palcoscenico del Festival di Sanremo, ove però il suo brano venne escluso non risultando inedito (come richiesto dal regolamento). Al Festival di Sanremo Silvia tornò l’anno seguente con il brano “Luna nuova”, scritto appositamente per lei da Aldo Tagliapietra de Le Orme. Poi un lungo, lunghissimo cammino che vede Silvia Conti anche in teatro e protagonista di svariate collaborazioni con altri altri artisti. Recentemente è stato pubblicato il suo nuov album, “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” che si presenta con un sontuoso package che nelle immagini e nei colori si rifà alla cultura indiana, anche se poi i contenuti del disco nulla hanno da spartire con quella dimensione.
Undici le tracce più la bonus track finale. S’inizia con “Mi minore dalla Leti”, brano parlato che evoca in sottofondo un lungo elenco di titoli di dischi che hanno scandito la vita dell’artista sino ad oggi e, a seguire, con “Mattina”, una sorta di dichiarazione d’intenti, la voglia di ricominciare un nuovo cammino musicale; la voce di Silvia è decisa e sicura, i suoni pieni, l’Hammond di Lele Fontana pone subito in risalto la potenzialità strumentale di questo lavoro. “Visioni” è un bel brano di ritmica e suoni vagamente orientaleggianti che suggeriscono, appunto, visioni di paesaggi mistici ed affannosi con un finale suggestivo, in lingua persiana, affidato alla voce narrante di Mani Naimi. “Il canto della scimmia” è nella sostanza un brano evocativo ed agile, con un effetto-Africa sorprendente. “Opus sufferta” è forse il brano più bello ed intenso dell’intero progetto. La voce di Silvia Conti torna a farsi decisa ed incisiva, il brano vuole porre in risalto l’incomunicabilità tra due amanti; il contesto strumentale è di grande effetto con inserimento di chitarra ed Hammond che si avvalgono di un arrangiamento di notevole impatto emotivo. “Ballando a piedi nudi”, oltre ad essere il titolo dell’album è la traduzione del noto brano di Patty Smith, “Dancing Barefoot”; esecuzione accurata, buon arrangiamento, il solito grande Hammond, ma nulla di sensazionale. Bella è invece “Vai”, un blues eseguito con disinvoltura, con qualche strizzatina d’occhio al jazz grazie anche alla complicità del sax di Claudio Giovagnoli. “Tom tom” è un brano che parla di strade, ma che rimane irrisolto nel testo pur ponendosi come un passaggio introspettivo, la ricerca di una svolta. “Borgognissanti” pone nuovamente in risalto, più che in altre canzoni, la bella voce di Silvia e un coerente arrangiamento, in presenza di un testo di buona poesia. La traccia successiva, “Non dimenticar le mie parole” è niente meno che uno dei più grandi ed intramontabili successi di di Giovanni D’Anzi e Bracchi Alfredo, datato 1937 ed affidato in prima istanza alla voce di Carlo Buti (rifatto poi anche dal Trio Lescano); la canzone, molto rispettosamente reinterpretata, si avvale in apertura di qualche insospettata incursione tra le note di Bob Dylan. E si chiude con l’interessante testo di “Midormi”, caratterizzato da una bella struttura musicale che conferma la volontà di questo lavoro nel dare ampio respiro alla musica. E’ infine divertimento puro la cover di “All Togheter New” che dopo un’abbondante libagione induce a far finta di essere i Beatles. E’ indubbiamente questo cd un lavoro che pone in risalto una grande professionalità acquisita ed affinata nel tempo da Silvia Conti. Una professionalità che trova per altro immediato riscontro tra i musicisti, gli altri autori, gli arrangiatori e coloro che hanno consentito di approdare ad un “prodotto finito” di ottimo livello artistico e musicale. (Silvia Conti – “A piedi nudi” – Radici Music Records).