QUANDO GLI ELEFANTI FANNO “BEEEEEE”

Gli Elefanti sono Francesco “Shamule” Arciprete e Matteo Belloli. Il loro album si intitola “Noi siamo”. Sette tracce per non infierire, con un rock fatto a regola d’arte (secondo i canoni più recenti del rock, ovviamente), ma anche con quei difetti che pare si stiano propagando nel mondo delle rock band come un virus.

Fatta una premessa doverosa e cioè che Elefanti certamente in dimensione live sono in grado di offrire un coinvolgimento più immediato, balzano agli occhi (ma soprattutto alle orecchie) un paio di considerazioni tutt’altro che inedite: a che servono i testi? In questo caso potremmo quasi dire, sia pure non in tutti i brani, a che serve il cantato? Buona parte delle parole sono soverchiate dalla musica (ed il fatto che ciò accada in un contesto musicale di sole due persone desta ancora maggiori perplessità). E, del resto, che i testi siano considerati dal duo una sorta di noiosa formalità, lo si evince anche allorquando si cerca disperatamente di leggere gli scritti del libretto, a caratteri microscopici. Si apre con “Avorio” (trattandosi di Elefanti….) che appare sconclusionato proprio nella contestualizzazione del testi, mentre la musica già rivela qualcosa di buono. In “Me lo dici sempre” abbiamo la conferma che la sola musica forse meglio potrebbe “vestire” questi brani, pur trattandosi di un rock abbastanza di maniera, senza troppa originalità. “Nel vortice (non è facile)” più che in altri brani, emerge un altro difetto virale: le vocali che paiono tunnel della metropolitana, queste “eeeeeeeee” che sembrano belati e che si direbbe piacciano tanto ai giovanissimi, soprattutto quelli di fede mengoniana: Davvero inascoltabili, anche se evidentemente c’è chi pensa che facciano “trendy”. “Lire” è un brano musicalmente abbastanza interessante, forse caratterizzato da una maggiore personalità e andiamo meglio anche con “Un po’ conta (se vuoi)”, in cui i testi riescono ad essere meno mortificati., anche se poi non è che si colga elevatissima poesia; “Cieli bui” offre ancora sprazzi di buona musicalità, che confermano l’interesse che potrebbe destare la dimensione live di questo duo e si chiude con “Ricordati di me” che, se vuole essere un’esortazione, qualche dubbio lo suscita. Non è tutto negativo ciò che si coglie in questo album ed anzi, a tratti, si ha la sensazione di una buona manualità strumentale, ma manca quello scatto di originalità, quel tocco in più, quel poco di colore che potrebbero, quelli si, fare ricordare questa band.

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