Terza fatica discografica della band livornese Stato Brado, questo “Cosa adesso siamo” è un “oggetto” di non facile definizione. In bilico fra folk e cantautorale con forti connotazioni country, aggiunge a tutto ciò una specie di retrogusto “vintage” che può evocare certe atmosfere da dancing anni ’70. Un effetto-balera che in molti casi collide in modo stridente con i testi.
Testi che invece parrebbero alla ricerca di una cifra più impegnata, tentando di spiccare il volo su tematiche sociali di un certo peso, come il viaggio alla ricerca di un futuro (“Non ce n’è più”) o la schiavitù del gioco (“Scommessa”), come il rifiuto della guerra (“Alla guerra non andrò”) o l’immagine di una quotidianità avvilente o che può addirittura portare alla follia (“Nient’altro” e “Una persona normale”). Il decollo però non riesce quasi mai, e si riduce ad una serie di saltelli. Un po’ – come si diceva – risulta appesantito da un apparato musicale ridondante, ricco com’è di entusiastici fiati e refrain country-style. Ma anche i testi stessi giocano il loro ruolo in negativo. In queste pagine abbiamo spesso stigmatizzato l’attitudine di certi autori che, tra l’ingenuo e lo spocchioso, propongono testi francamente contorti, complessi ed ermetici sino all’incomprensibile. In questo lavoro ci toviamo invece troppo spesso di fronte al problema opposto, con concetti piuttosto prevedibili espressi in una forma davvero eccessivamente semplicistica. Sono migliori i risultati quando la band si rifugia in tematiche e melodie più intimistiche e soft, come in “La schiuma dei giorni” e “Dov’è stanotte il mio cuore”. Simpatica, e qui musicalmente centrata, la cover di un brano poco conosciuto di Ivan Graziani “Sabbia del Deserto”. Insomma, di buon materiale ce ne sarebbe. Suggeriremmo però, per ottenere risultati più interessanti, un pizzico in più di “ricercatezza”, sia nei suoni come nella parte letteraria.