CRISTOFORETTI DAI CONTORNI SFUMATI

“Muoviti” è il titolo dell’album del cantautore Michele Cristoforetti che esce con otto tracce e due bonus track nonché un brano interpretato con Maurizio Solieri, uno dei migliori chitarristi italiani, per molti anni collaboratore “di riguardo” di Vasco Rossi. Un album dunque con giuste ambizioni ed altrettante attese che però, alla fine dell’ascolto, lascia un senso di incompiuto, di irrisolto, di non meglio identificato.

Si parte con “Antologia di viaggio”, un brano che alle primissime battute ci riporta al miglior Ligabue, sviluppandosi poi lungo un percorso che non suggerisce nulla di nuovo ed anzi, molto concede al deja vu. “L’album delle pose” è musicalmente un pezzo interessante, anche se rischia a più riprese di sovrastare la voce. “Muoviti”, che dà il titolo al cd, è una bella ballata con un cadenzato ben scandito che si diluisce un poco nel ritornello, ma mette i conti alla pari con un buon testo. “Sigaro cubano” è il brano eseguito con Solieri, brillante e ritmato, gradevolmente frizzante, senza sussulti ma complessivamente eseguito con maestria. ”Il mio tempo” scivola via senza destare entusiasmi (forse è il brano meno riuscito dell’album) prima di approdare a “Gente metropolitana”, cover tratta da un brano di Pierangelo Bertoli che si avvale dell’ottima idea del live in studio; il risultato appare subito più immediato e coinvolgente, più vero. Scorre via anche “Capita che” prima di “Bella paura”, l’ottava traccia, forse anche la migliore dell’intera raccolta in cui la voce di Cristoforetti trova la sua giusta collocazione (belli un paio di toni bassi molto intensi) mentre l’arrangiamento è decisamente più convincente e meno scontato. Le due bonus traks altro non sono se non la versione “demo” di “Sigaro cubano” ed una versione, queste si molto riuscita, di “La storia”, uno dei brani più intensi e vissuti di Francesco De Gregori. Non vi è nulla in questo album di particolarmente negativo, perchè il mestiere di chi vi ha lavorato c’è e traspare. Ma quel senso di irrisolto di cui si diceva in apertura, riguarda proprio la scarsa personalità complessiva di un lavoro che pone il cantautore su più piani, quasi a voler valutare da quale possano ascaturire i risultati migliori. Un’incertezza che rende l’identità dell’artista poco nitida.

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