Prendo spunto dal bellissimo articolo di Maurizia Vaglio, “L’emozione è necessaria?”, per riprendere il discorso sull’educazione alla musica dei piccoli e dei giovani. Ognuno di noi, facendo appello al proprio bagaglio di ricordi, ha amato almeno un brano musicale. Questo è avvenuto, quasi sempre, in quanto quel brano, quella canzone, o semplicemente quel motivetto, gli ricorda un momento particolare della sua vita: magari bello, oppure triste, malinconico, ma sempre pieno di emozione. Gli esteti ed i business- men della musica tendono addirittura ad escludere, o a considerare quantomeno secondario, l’aspetto emozionale di un’esecuzione musicale, rispetto alla sua tecnica. Ma la musica non è uno sport e la giuria che si trova a dover scegliere chi votare in concorsi musicali, non è quella del pattinaggio sul ghiaccio, o della ginnastica artistica. Succede che se si dimentica l’importanza dell’emozione, il piccolo studente, o l’adolescente esecutore, diverrà un mero “motorino” e la musica solo un carburante. Per fortuna esistono ancora giovani , o giovanissimi che riescono a trasmettere emozioni, quasi sempre le stesse che hanno vissuto in momenti particolari della loro esistenza. E’ il caso di Christian Imparato, vincitore della prima edizione di “Io canto”, ma che con il passar del tempo sembra però diluire l’intensità di quanto va cantando. Ora Christian non riesce più a farmi accapponare la pelle: ha perso l’ingenuità e l’incertezza esecutiva delle sue prime esibizioni che lo rendevano umano, anche lui è stato assorbito dallo show business , divenendo addirittura testimonial pubblicitario. Diviene importante, quando si insegna ai giovani la musica, trasferire il concetto di emozione ed assecondare e coltivare, quello che loro stessi provano. Cantare per fare soldi, è l’inizio di un perverso in cui la musica è destinata a divenire sempre più un bene di consumo, anziché un’arte.