“Scusate se mi permetto però qui ormai stanno cantando cani e porci ovunque. Nel senso che ci sono dei nuovi talenti che secondo me sono proprio molto importanti che lasceranno un segno nella nostra nazione e nel nostro cuore. Ma ci sono anche tanti che dicono cantiamo una bella canzone e diciamo delle belle parole. Non è così! Ci vuole rispetto perché è un lavoro, è una cosa seria”. Queste la parole di Laura Pausini in occasione di una recentissima intervista nel corso della quale ha parlato di tutto, dal suo matrimonio al prossimo disco che celebrerà i suoi trent’anni di carriera che, partendo dalla vittoria al Festival di Sanremo nel 1993, l’ha proiettata in una dimensione internazionale. Cantano cani e porci, ha ragione e purtroppo pochi hanno la consapevolezza che la canzone, la musica in senso più esteso, è un lavoro, un mestiere, una professione. E come tutte le professioni, anzi, più delle altre professioni, richiede studio, sacrificio, applicazione, volontà e disciplina e, molte volte, neppure tutti qusti requisiti messi insieme rappresentano una garanzi di successo. La sensazione invece (ed ebbi modo di scriverlo proprio in questa sede più di un anno fa) è che per molti il fare i cantanti sia ua specie di “gratta e vinci”, un tentare la fortuna e se la va il quarto d’ora di notorietà può anche arrivare. Viviamo un’epoca nella quale la canzone attraversa una fase di iperproduzione come mai avvenuto in passato. La facilità ed i costi relativamente contenuti che oggi consentono la realizzazione di un singolo, di un Ep o di un album sono sicuramente elementi di incoraggiamento per tutti coloro che hanno una seppur vaga ambizione di tentare la carta della musica o, più verosimilmente, dello show business, avendone o non avendone le capacità. Indubbiamente questa tendenza muove un ampio mercato che va dagli studi di registrazione agli stampatori, dai grafici ai videomaker sino agli uffici stampa e poi, ancora, discografici spesso con pochi scrupoli, manager o presunti tali. Un mondo che si muove intorno alle aspirazioni di tantissimi destinati a rimanere in pochi. E fortunatamente ci sono anche i talenti. Accade anche alla nostra rivista di imbattersi in artisti che hanno una marcia in più e quindi il rammarico è ancora più grande nel constatare come anche per loro le strade siano tutte in salita e le porte chiuse siano moltissime. Ed a questo occorre aggiungere l’imprevedibilità di una platea che non acquista più dischi e mostra un po’ di confusione sulle preferenze musicali, oltre a dover fare i conti con la falsità di un mondo fatto di improbabili “sold out” e diachi d’oro e di platino che scaturiscono da classifiche fantasma e che riguardano spesso artisti destinati all’oblio nel volgere di pochi mesi. “E’ un mondo difficile….” cantava un po’ di anni fa Tonino Carotone e l’iperproduzione di questi anni non fa che renderlo più difficile. Lasciando però spesso un retrogusto amaro nel constatare come la cura, la passione, lo studio, la gavetta che rappresentavano sino a qualche decennio fa i gradini di una difficile scalata per tutti, oggi si sono tradotti in cumuli di cd e in qualche talent lasciati in balìa di avventurieri e dilettanti allo sbaraglio, destinati a rimanere tali.