Avventurarsi con un lavoro discografico in un percorso fatto praticamente tutto di cover è un cammino arduo e pericoloso. Arduo, perchè ci si espone a immediati e spesso impietosi confronti con le versioni originali dei brani. Pericoloso, perchè una cover ben eseguita deve avere almeno due caratteristiche certe: non deve snaturare, sino a renderla irriconoscibile, la versione originale del brano e deve avere il valore aggiunto della personalità di chi la interpreta. Lungo questo cammino con l’album “Stelle”, si è avventurata Lordana Errore.
La sua carriera prende il via alla corte di Maria De Filippi e la porta al Festival di Sanremo, nel 2011, ove interpreta con Anna Tatangelo “Bastardo”, brano in gara tra i big. Poco dopo, un grave incidente stradale rimette in discussione la sua vita e la sua carriera che pareva ottimamente avviata. Ma Loredana, con forza e volontà, ritrova sè stessa e riprende il suo cammino. Pubblica un album ed alcuni singoli, sino ad appodare a “Stelle”, una raccolta di canzoni quasi tutte bellissime, portate al successo da grandi artisti, oltre all’unico inedito “Nuova Terra”. Per analizzare lucidamente questo progetto occorre partire da un assunto indiscutibile e per nulla scontato: Loredana Errore sa cantare, possiede buona tecnica, discreta estensione, grinta e determinazione. Ed infatti ne esce un buonissimo lavoro, fatte salve alcune perplessità invitabili in un progetto di questo tipo. Perplessità dettate in un paio di circostanze dall’interpretazione di brani che sono quasi tabù (la stessa Loredana lo sa bene) ed in altrettante occasioni da scelte di brani che personalmente non giudico belle canzoni. Superate a pieni voti le esecuzioni di “Sei nell’anima”, “La sera dei miracoli”, “Il mare d’inverno”, “Adesso tu”, “Blu celeste” eccoci agli scogli: “Miserere” e “Almeno tu nell’universo”. Nel primo caso siamo di fronte ad una palese sopravvalutazione delle proprie possibilità; “Miserere” la potevano cantare Pavarotti, trascinandosi dietro uno Zuchero alle soglie della tachicardia e Andrea Bocelli. Una versione al femminile di questo pezzo penso sarebbe ardua anche per Mina. “Almeno tu nell’universo” invece è una canzone resa meravigliosa dal pathos che sapeva metterci Mia Martini; la potrebbero cantare in tanti, ma il risultato non sarebbe mai lo stesso. Invece, tra le canzoni inserite che personalmente non considero bella canzoni ci metto “Hai delle isole negli occhi” e “Quando finisce il male”. Concludendo dunque, un lavoro piacevole che ci restituice un’ottima interprete, puntuale anche dal punto di vista musicale, certamente realizzato con scrupolo e passione.