E’ da alcune settimane in circuitazione “Sono”, il nuovo album di Giorgia Zangrossi, cantante e cantautrice torinese che firma le parole e la musica di dieci delle ben quindici tracce che caratterizzano il cd; altre quattro recano la firma di Gigi Marras (che ha anche arrangiato, quasi sempre molto bene, i brani eseguiti) ed una è di Paolo Capodacqua. In realtà le tracce sarebbero sedici, volendo contare anche “Le parole di Milena”, 48 secondi semplicemente recitati, scritta da Milena Agus.
Prima e non nuova considerazione (almeno tra le mie recensioni): sedici tracce sono troppissime, ai limiti della sostenibilità, a meno che non si tratti di album di alcuni di quei rarissimi artisti che susciterebbero ovazioni semplicmente leggendo l’elenco telefonico per il carisma che scaturisce dalla loro popolarità ancor prima che per le loro canzoni. Beninteso, Giorgia Zangrossi scrive e canta molto bene, vive con intensità il suo progetto, ma è abbastanza monocorde, vale a dire che fatica, soprattutto in una dimensione che non sia quella live, a trattenere l’attenzione di chi ascolta. E questo è un problema non trascurabile poichè, alla fine, mette in discussione la fruibilità stessa del prodotto. Il suo è un taglio prettamente cantautorale, gradevole e senza esitazioni, ma detto questo personalmente sono convinto che otto/dieci tracce sarebbero state sufficienti per definire i contorni artistici dell’intero progetto, con molte probabilità in più di ottenere un ascolto attento sino all’ultimo brano. Andando in ordine sparso, vorrei cominciare dal brano che dà il titolo all’album, “Sono”, che pone in risalto la bella voce di Giorgia ed anche un testo molto interessante che si inserisce in una cornice musicale un po’ defilata ma efficace. Molto bello anche quel valzerino che è “Questa sera” mentre in “Un sogno che non c’è” una fisarmonica evoca atmosfere antiche. “Pensiero notturno” è un delicato andamento lento mentre ne “I nidi degli uccelli” scritta da Capodacqua mi colpisce la poesia contemuta nella frase “…dove sono i tuoi lunghi capelli, li han tagliati e gettati nel bosco e oramai sono nidi di uccelli…”, immagine malinconicamente molto bella. “Muri” regala un bel giro di note alla chitarra, ma la canzone è noiosetta mentre “Un giorno lo farò” è assai più comvincente testualmente e musicalmente. E’ una buona intuizione anche il testo di “Il potere alla fantasia”e potrei continuare rilevando nuovamente la pulizia della voce di Giorgia e dei suoni, la buona linea melodica di quasi tutti i brani, ma dovrei inevitabilmente anche parlare di un lavoro che si diluisce troppo e non contiene elementi che possano segnare un distacco, un elemento di sorpresa, un qualcosa che desti improvvisa curiosità. E dunque rimango con la convinzione che la cantautrice abbia sicuramente interessanti potenzialità e che chi ha lavorato con lei a questo progetto certamente lo abbia fatto con discrezione, con mestiere e con passione, peccando solo un po’ di presunzione allorquando è stato deciso l’inserimento di sedici tracce. Non vi sono gli elementi per sostenerle. E non sono elementi tecnici o artistici.