E’ uscito in questi giorni il vedeoclip del brano “Protestanti” di Cigno (nome d’arte del cantautore romano Diego Cignitti). La canzone, accompagnata dal video, è estratta dall’album “Morte e pianto rituale” ed è proprio di questo disco che voglio parlare, approfittando dell’uscita del video di uno dei brani in esso contenuti. Il titolo dell’album è già, di per sè, un programma dai contorni vagamente funerei, ma che sottende comunque il desiderio di comunicare uno stato d’animo ed è quindi un invito all’ascolto.
L’album si apre con “Colobraro” che decolla con un’aria interessante di pianoforte per poi assumere le sembianze di un valzer e tale rimanere sino alla fine per accompagnare una voce opaca e un po’ sinistra che va a creare un conteso comunque piacevole. “Protestanti”, di cui già ho fatto cenno, ha una ritmica ossessiva ed un testo che definirei malinconicamente naif prima di aprire una parentesi rock, quasi metal e quindi riprendere il suo cammino. La ritmica si fa quasi tribale in “La terra del rimorso” finchè una voce non compare in lontananza, tanto che è impresa ardua cogliere le parole, ma la sensazione è che tutto ciò abbia una relativa importanza in un contesto che pare quasi rituale, incisivo, gradevole. E, sia pure di andamento diverso, ricbiami tribali li colgo anche in “Mare nero”, pur se per assecondare una voce che si inserisce in un contesto affannoso e che pare provenire dagli anfratti remoti dell’inferno; un po’ di noia qui si accusa. “La fine e l’acqua” propone una dimensione vocale che si colloca sempre come sfondo in una situazione più dinamica, con molta percussione che diviene la vera colonna sonora, a tratti un po’ ossessiva, dell’intero brano. Segue “Pietra sprecata”, uno strumentale che vive sulle note di un’eccellente chitarra che rende l’insieme molto interessante, grazie certamente a questo virtuosismo, ma anche ad una dimensione musicale assolutamente interessante tanto da farmi dire, ad ascolto del cd ultimato, che questo è a mio avviso il brano migliore della raccolta. “La classe operaia va in paradiso” lo definirei invece una pièce per martello pneumatico, percussioni e basso, voce e testo a malapena percettibili in una cornice musicale che definirei confusa. “Postcapitalismo” fa pensare ad un corteo di manifestanti incorniciato in un delirio musicale che non mi piace. E si va a chiudere con “Kabul”, che dopo le precedenti note troppo rumorose, si apre con lo sciabordio delle onde ed il suono pulito e coinvolgente di una chitarra acustica, ancora voce opaca sullo sfondo, effetti e, potrei dire, una situzione musicale comunque interessante e che si fa ascoltare sino all’ultima nota. Non è un disco facile questo progetto di Cigno, ma reca in sè elementi di originalità, offre all’ascolto qualcosa di nuovo e di diverso, crea atmosfere talvolta un po’ deliranti, altre volte oniriche, altre volte ancora permeate dal disagio del vivere la quotidianità. Il tutto con alcuni scampoli di eccellente musicalità che fanno dimenticare quelle piccole perplessità che qui e là affiorano.