Tiberio Ferracane è un cantautore nato a Torino, figlio di migranti siciliani profughi dalla Tunisia, che ha raccolto in un album di 16 tracce intitolato “Magarìa” un po’ tutto di sè stesso. Canzoni inedite, cantate un po’ in italiano ed un po’ in francese, perchè l’ispiratore di questo progetto artistico era stato Philippe Troisi, un musicista marsigliese che aveva collaborato alla realizzazione del lavoro, venendo poi a mancare nel periodo della produzione del disco. Ed anche svariate cover di brani famosi che in qualche modo hanno attraversato la vita di Ferracane.
Solitamente non condivido la realizzazione di album contenenti più di otto tracce, quando non si tratti di raccolte antologiche dei pochi veri “big” storici della canzone italiana, ma in questo caso va detto comunque che il lavoro ha retto sino in fondo, tutto sommato all’insegna di una semplicità qualitativamente ricca. La voce di Ferracane ricorda a tratti Paolo Conte, a tratti Gino Santercole ed anche Franco Califano (al quale è ispirata una delle cover più belle contenute nel disco). E’ dunque una voce che fa del colore e non dell’estensione la sua forza e la si scopre dopo l’intro strumentale “Valse à rocco” che in qualche modo introduce chi ascolta nelle atmosfere che caratterizzano il progetto. Penso, per esempio, a “Magarìa”, il brano che dà il titolo all’intero lavoro, cantato in lingua un po’ italiana ed un po’ francese, dall’andamento vivace che scivola via piacevolmente. Si entra invece in un’atmosfera decisamente francofona con “L’italien”, cover tratta dal repertorio di Serge Reggiani, brano fortemente cantautorale. Belli sia il testo sia l’arrangiamento di “Un’altra parte della notte”, anche qui con alcuni passaggi in lingua francese. “Sciavuru di mari” reca invece un alito di Sicilia, terra che comunque è nel dna dell’artista, anche se il brano è tra quei pochissimi che non mi hanno convinto. “Era di maggio” è la cover di un classico della canzone napoletana ed un’altra cover di spessore è “Un’ora sola ti vorrei” musicalmente rivisitata in modo interessante. Andamento vivace e buon arrangiamento per “Carlo”, brano di immediata fruizione e poi l’immortale “Storia d’amore” brano di punta del repertorio di Adriano Celentano, riproposto con buona personalità pur senza snaturarne le caratteristiche (compresa la lunga chiosa finale). “Vento di scirocco” è una bella canzone, interessante per la struttura musicale e l’arrangiamento, ma anche per il testo. E’ invece a suo modo divertente la storia che si sviluppa in “Il mio amore di rosso vestita”, anche se la linea melodica non sempre risulta convincente; in compenso a convincere sono gli arrangiamenti ed il testo narrante proprio di un cantautorato di vecchia scuola (oggi si va più a sensazioni piuttosto che a racconti). Ed il testo risalta anche in “Ci vorrebbe ancora un po’ di neve”, brano molto intenso e coinvolgente. Ultime due cover, “U’ pisci spada” brano reso celebre da Domenico Modugno ed una versione molto bella di “Capodanno”, un successo di Franco Califano, sempre riconoscibile anche quando a cantare le sue canzoni sono altri interpreti. Una lunga cavalcata di musica, come dicevo, piacevole sia per la scelta dei brani, ciascuno per qualche ragione interessante, quando non sorprendente, sia per la scelta delle cover attinte da repertori importanti di artisti altrettanto importanti. Ferracane ci mette il mestiere, di cui non fa certo difetto, ed una capacità interpretativa che rende vivo ogni brano, tutti proposti con semplicità, ma anche avvalendosi di un bagaglio d’esperienza musicale che in una simile “maratona” di note fa sentire il suo peso.