“Memories and Vision” è il titolo del nuovo album del chitarrista e compositore Zaccaria Roj, biellese d’origine e che sente profondamente queste sue radici tanto che, sia nel suo precedente album, sia in questa sua nuova fatica, c’è molto della sua terra, dei suoi ricordi in essa maturati, fatti di odori, di sensazioni, di scorci, ma anche di volti, di nomi, di parole dette e non dette. E tutto questo rivive nella sua musica e va a scovare attimi rimasti impressi nella sua memoria o… in una fotografia.
Prima di addentrarmi nell’ascolto di questo nuovo lavoro, mi trovo a riflettere sulle sedici tracce che lo caratterizzano. Sono tante, a mio avviso troppe per riuscire a mantenere sempre desta l’attenzione di chi ascolta. E non penso tanto a chi, come me, lo fa per poterci poi ragionare, brano dopo brano, ma all’ascoltatore medio che dopo avere apprezzato i primi titoli può ritrovarsi con la mente affollata di pensieri suoi perchè è difficile mantenere i livelli di attenzione elevati dopo i primi 20-25 minuti, soprattutto quando si tratta di brani strumentali. Ma veniano al progetto. Che non è un progetto facile, anzi, in questa musica di facile vi è ben poco. Il primo brano, “Memories of the forgiven road”, per chi ha avuto modo di ascoltare il precedente album di Roj, ci ritrova esattamente la stessa “mano” alla chitarra, una sei corde acustica dal suono estremamente limpido e pulito. Il secondo brano reca subito un riferimento alla terra biellese con il titolo “Mombarone View” e l’intro affidato alla voce recitante di Cinzia L. Tomasi che in questo album riveste un ruolo importante come autrice, ma anche come musicista ed arrangiatrice. L’ascolto prosegue fluido traccia dopo traccia sino a “Tim Given” in cui la non immediata fruibilità suggerisce una riflessione: è certamente sempre più difficile fare musica con originalità il che talvolta induce a tentare sentieri impervi che possono, come in questo caso, rendere tecnicamente apprezzabile il lavoro (e del resto è tecnicamente apprezzabile tutto il cd), ma non sempre possono trovare un riscontro di rapida comprensione o coinvolgimento da parte di chi ascolta. La traccia successiva, “Ritual in the woods” è incece caratterizzata da un contributo vocale che evoca effettivamente una sorta di ritualità tribale in cui l’elemento voce si fa quasi strumento o quanto meno ad esso è complementare. Entrando nella seconda parte del lavoro, più facilmente ci si imbatte in brani che potrebbero essere scorci di colonne sonore ed è questa una delle ambizioni di Zaccaria Roj che, non da oggi, vede la sua musica o parte di essa proiettata in una dimensione cinematografica. Colpisce l’andamento dinamico ed anche divertente di “Angelinda” in cui gli arrangiamenti rappresentano in alcuni frangenti elementi inusuali nel contesto del brano. Si fa invece più complesso l’ascolto di “Just Follow” mentre torna a guardare ad un angolo di terra biellese “Stone sunset on Elvo Valley” in cui l’evocativa immagine di un tranonto tra le rocce che incorniciano la valle e tracciano il percorso dell’omonimo torrente raccontano di emozioni rimaste nella memoria e nel dna di chi le ha vissute. Molto interessante il banjo suonato da Zaccaria in “Tales from memories of the forgiven road” (che si rifà al brano di apertura) con sonorità vagamente country mentre la traccia successiva, “Darling sun” è un unicum un po’ a sè stante, strumentalmente più aticolato con la partecipazione di Davide Ramella (tromba e filicorno), Fulvio Angelini (flauto traverso), ancora Cinzia L. Tomasi e Zaccaria, questa volta alla chitarra elettrica. E si va verso la conclusione con “Beginning”, brano dai molteplici effetti con le partecipazioni di Maurizio Mercandino (voce) e della chitarra semiacustica di Valter Maddalon prima di arrivare al gran finale di “Sidewinder blues”, piacevole aria blues che ci accompagna verso la conclusione di questa lunga galoppata di note. Da non dimenticare il ruolo di Luca Motto (batteria e percussioni, ma anche produzione artistica e tecnico del suono). Un progetto certamente molto pensato ed altrettanto vissuto poichè deriva perlopiù dall’elaborazione di ricordi trasformati in musica secondo il “sentire” di Roj e quindi, a ragion veduta, si potrebbe parlare di musica che viene dall’anima. L’album non è stato concepito pensando alla fruibilità, lo si evince dalle sedici tracce, ma anche dalla tipologia delle scelte musicali destinate ad un ascolto non superficiale ed ancor meno frettoloso.