Lei è Helen Aria (al secolo Eleonora Iamonte, cantautrice aostana, ventitreenne) e da pochi giorni è stato pubblicato il suo nuovo album intitolato “Afrodisiaco”. Quattordici tracce interpretate in italiano, inglese e francese con un denominatore comune importante: il violoncello. Brani ispirati alla musica degli anni ’70, a quelle atmosfere, ma anche alla ricerca, pur con lo sguardo rivolto al passato, di sonorità coerenti con la contemporaneità del progetto. Helen, pur se giovanissima, ha alle spalle robusti studi in ambito musicale (canto moderno, frequentazione dell’Istituto Pareggiato Musicale della Valle d’Aosta ove si accosta al canto lirico mentre attualmente frequenta il DAMS) che non hanno però sacrificato alla tecnica la sua vena più propriamente artistica.
Dopo un bel “Preludio”, l’album si apre con il brano che dà il titolo all’intero lavoro; colpisce subito la voce intensa ed avvolgente di Helen, ma anche il contesto musicale pieno, efficace, coerente. “La sfinge” ha una linea melodica che comincia a disegnare i tratti di una certa originalità che caratterizzeranno tutto il progetto, è un brano cadenzato con un testo che coglie sensazioni e le rielabora restitundole intatte. “Deneb” è una canzone meno convincente di quelle che l’hanno preceduta, pur se la voce di Helen non ha cedimenti, ma il brano è cantilenante ed anche musicalmente non decolla. “Achoo” è una cover di un vecchio brano degli Sparcks molto interessante, un brano dinamico, piacevole, agile, che mantiene inalterata la sua freschezza. Un “Interludio” strumentale di qualche secondo separa la prima dalla seconda parte del disco e si prosegue con “Diamanti di cuoio”, una canzone che pare quasi una fiaba che aleggia nell’aria ed “arriva” grazie anche ad un arrangiamento evocativo che accompagna questo volo. Un altro brano carico di energia è “Grandma’s”, musicalmente interessante, cantato in lingua inglese con la sicurezza di chi ha basi solide. “Mama Show Me Where 2 Go” parte da una dimensione ambient con il cinguettio degli uccelletti, via via si rivela forse il brano più difficile (o, se vogliamo, meno fruibile) dell’intera raccolta, anche se nell’insieme risulta gradevole. Segue “Et cetera” e qui la voce di Helen si fa quasi più matura, se possibile ancor più determinata, canta in francese ed un delizioso violoncello la asseconda. Ed è ancora il violoncello a dare profondità e colore a “Blue Dream”, brano dalle tinte anglosassoni e non solo perchè cantato in inglese; piace anche l’ampiezza musicale che accompagna alla chiusura del pezzo. E si va a chiudere ancora strumentalmente con “Postlude” che precede la chiusura del sipario su questo album decisamente interessante, realizzato con la collaborazione di un gruppo di musicisti di primissimo ordine come merita una voce completa, sicura, intensa come quella di Helen Aria.