L’amica Marzia Stano, anche sull’onda delle recenti dichiarazioni di Red Ronnie sul male che fanno i talent show alla musica, interviene con un editoriale ed una piccola inchiesta che vede coinvolti alcuni operatori del settore musicale, i quali spiegano perché i talent, in realtà, non promuovono nuovi artisti, ma solo personaggi effimeri (salvo rarissime eccezioni). Mi rifaccio a quel che Marzia lamenta parlando di musica e televisione, mettendo in campo anche i miei ricordi che, per ragioni anagrafiche, sono molto antecedenti. Oltre ai programmi televisivi dedicati alla musica già citati (e tutti rigorosamente spariti dai palinsesti) aggiungerei quelle manifestazioni che fecero epoca e che consentirono il lancio di tanti artisti in periodi diversi. Penso a Canzonissima, a Un disco per l’estate, alla Caravella di Bari, alla Gondola d’oro di Venezia, al Festivalbar, a Bandiera Gialla, ad Alto Gradimento, al Cantagiro, al Festival delle rose… Troppo retrò? Va bene. E allora che diciamo di “Demo” che RadioUno Rai ha cancellato solo un paio di anni or sono? Se il futuro della canzone italiana (ma anche internazionale visto che i talent, come un virus, hanno contagiato e stanno contagiando mezzo mondo) è affidato a XFactor e ad Amici, non stupiamoci poi se quando sulla scrivania ci piovono ep, singoli e cd di artisti emergenti, il più delle volte ci ritroviamo ad allargare le braccia sconsolati. Non sorprendiamoci se gli adolescenti oggi dicono di voler fare le ballerine, i cantanti o anche i calciatori non sapendo muovere un passo di danza, né cantare un ritornello, né dare un calcio a un pallone. Ciò che li attrae è la televisione, cioè apparire, a prescindere dalle proprie reali capacità e dalle proprie vocazioni. Ma in questo modo, non si promuovono talenti, ma si coltivano narcisi. All’industria discografica tutto ciò non importa. La televisione è lo strumento attraverso il quale fare passare i loro prodotti, che poi i soliti gonzi correranno ad acquistare. Insomma, sfruttare una momentanea popolarità per ricavare denaro. Eppoi buttare a mare la zavorra (cioè i sedicenti artisti emergenti) pronti per un altro carico. La televisione si rende complice di queste tristi manovre e continuerà a farlo finchè l’audience (cioè i gonzi che seguono i talent) garantirà introiti pubblicitari vantaggiosi. Cosicchè, sui sogni di quei ragazzi, ci banchettano l’industria discografica e le tv, lasciando a loro, quasi sempre, le poche briciole di una flebile popolarità destinata a morire in poche settimane. Ecco, una rivista come la nostra, una testata che quando si accinge a recensire un nuovo cd lo fa ponendo quale priorità assoluta l’ascolto di tutti i brani contenuti nell’album (e spesso anche il riascolto), non può non rilevare l’inutilità e la pericolosità insite nel modo di approcciare i giovani alla musica attraverso i talent. Sperando di salvarne almeno qualcuno.
Giorgio Pezzana