E’ da poche settimane in circuitazione “Ramon”, il nuovo Ep dei Muga (trio nato da un’idea di Antonio Marinelli, chitarra e voce e Alessandro Sironi, batteria). Quattro tracce di rock ruvido, selvaggio, sanguigno, che vanno a dare vita ad un Ep che in tempi di lockdown assume i contorni di una scossa, una scarica di energia, anche se, come vedremo, si tratta di un progetto che ha limiti anche piuttosto evidenti.
Il brano che apre l’Ep si intitola “Ramon”, pezzo dinamico dal quale traspare in modo molto evidente quella che verrà confermata come una realtà più che una sensazione: i testi in questo lavoro sono optional, è evidente che tutto ruota intorno ad una musicalità molto strutturata, talvolta anche sopra le righe, senza per altro offrire nulla di particolarmente nuovo. “Los niños” si presenta in modo ancora più aggressivo, rasentando il metal; musicalmente la band conosce il fatto suo, il testo continua ad annegare tra le sonorità del brano. “Slave” non muta registro ed accresce la sensazione di quel rock selvaggio già colta sin dalle prime note; e si va a chiudere con “One day” che rivela semplicemente il tentativo di una ricerca appena un po’ meno omologata, che non tradisce comunque il lavoro presentato sino a quel punto. Una riflessioene s’impone: musicalmente l’epoca che stiamo vivendo è palesemente un’epoca post rock; lo è rispetto al grande rock degli anni Settanta, ma anche rispetto a quello più arido di anni più recenti. Quindi, il rock contemporaneo vive in buona parte di riflessi legati al passato ed anche per questo risente di una certa omologazione, quando non viene travisato raggiungendo discutibili derive. I Muga hanno fatto un lavoro che potrà certamente avere un suo impatto più definito in dimensione live. Al solo ascolto risulta a malapena sufficiente e va dato merito alla band di avere circoscritto il progetto ad un più fruibile Ep poichè un album avrebbe rischiato una diluizione intuibile a danno dell’ascolto, più di quanto non lo possano essere queste quattro tracce.