Poiché non è mia abitudine nascondermi dietro a un dito, non posso in questi giorni simulare disinteresse nei confronti di quel brutto programma che è “X-Factor”, ove ho scoperto che la vincitrice di quest’anno è Nathalie. E per le stesse ragioni addotte poco sopra, non posso neppure fingere che buona parte dei lettori di queste righe non sappiano del mio impegno organizzativo ed artistico in seno a Biella Festival. Come si coniugano i due aspetti? Semplicemente ricordando che nel 2005, alla settima edizione di Biella Festival, Nathalie si classificò al secondo posto. Immagino il pensiero di molti: ecco lo sciacallo di turno che alla terza apparizione televisiva della cantautrice romana, sente già il bisogno, in qualche modo, di rivendicare un’appartenenza. Vi posso assicurare che non è così. Intanto perché questa rivista non è l’organo né ufficiale né ufficioso di Biella Festival, ma è una finestra aperta a disposizione di tutti i talenti emergenti nei quali avremo la fortuna di imbatterci, prescindendo dalla loro provenienza. Eppoi perché Nathalie ad “X-Factor”, dal mio punto di vista, rappresenta una sconfitta per tutti noi, che ci occupiamo di musica di qualità.
Si, perché il secondo posto a Biella Festival, aveva solo preceduto altri importanti riconoscimenti (Premio Siae per Demo nel 2006, Premio Martelive, secondo posto al Premio “Sapienza” bandito dall’omonima Università di Roma, sino al più recente premio “Demo Lady’s Award” del 2009) il che significa che “X-Factor” sta riuscendo laddove noi (in senso ampio) abbiamo evidentemente fallito. E questo non mi piace. Perché se il futuro della nostra canzone d’autore e comunque della musica in senso più ampio, deve essere affidato a programmi come “X-Factor”, significa che del barile non stiamo raschiando il fondo, ma siamo già arrivati al terreno che sta sotto il fondo del barile. E significa anche che dobbiamo porci qualche domanda, cercando di trovare al più presto delle risposte sulla reale utilità di festival, anche di prestigio, anche di grande trasparenza, anche di specchiate virtù artistiche, che non riescono però a farsi ascoltare, come invece ci riescono spot televisivi urlati e sgangherati, vespai di interessi neppure troppo velati e promesse che alla fine risultano sempre effimere, ma che ogni volta hanno l’effetto della prima volta..