Simona Colonna è una straordinaria musicista e cantante. Suona il violoncello, ma con quello strumento pare scorra sotto al suo archetto un’intera orchestra. Scrive musiche e testi dei brani che interpreta. Per diversi anni ha lavorato con grandi orchestre, in Italia ed all’estero. Poi, una decina di anni or sono, la decisione di dare una svolta alla propria carriera diventando una cantautrice. Una solista, con il suo inseparabile Don Chisciotte (così lei chiama il suo strumento) e una scelta coraggiosa: quella di cantare in piemontese.
Ed è proprio sull’onda di questa fortunata esperienza che recentemente Simona ha pubblicato il suo nuovo album intitolato “Curìma, curìma” (per i non piemontesi “Corriamo, corriamo”), tredici tracce, non tutte in dialetto (o lingua autoctona, come i sofisti preferiscono) tra le quali quella “Masca vola via” che segnò il passaggio alla nuova dimensione artistica e diede il titolo al suo prima cd con canzoni in piemontese. Come in tutte le regioni, il dialetto varia da provincia a provincia, spesso anche da un comune all’altro. Simona Colonna è originaria del Roero ed il piemontese che parla e canta è quello di quella terra. “Curìma, curìma” è un ottimo album perchè racchiude storie, ricordi, tradizioni, nostalgie, sentimenti ed è quindi anche una testimonianza. Narra di vite contadine di altri tempi e del confronto con la quotidiana frenesia contemporanea (“Curìma, curìma”), racconta di feste nelle aie (“Alla corte del Galìn”) e di allegrie andate (“Drin drin”), canta dei pranzi della domenica e dei cibi tipici di quella terra (“Tiritera dla mia tèra”) e di una vecchia stazione di paese ove transita il treno della libertà e poi parla d’amore (“Solo parole d’amore”) e di alberi anzi, dell’“Albero”. In quest’ultima canzone Simona spiega doti vocali insospettate; in tutte le canzoni trasmette la sua anima alle corde del suo violoncello, che pare moltiplicare suoni, effetti, atmosfere. Sino al brano conclusivo, solo strumentale, “Babau”, l’unico che non ha scritto da sola, ma con la collaborazione di Stefano Melone; un brano che avvolge, incalza, inquieta, chiude. Un progetto estremamente interessante, come dicevo in apertura, nel quale emerge una maturità artistica consolidata e trova spazi adeguati la dimensione di un’artista che in versione live sa riempire il palco con la sua prorompente personalità e che con queste canzoni sa farci riflettere e ci induce al confronto con un passato che ci appartiene. E che non è il caso di dimenticare.