Solo pochi giorni or sono, con gli Stadio, vinceva la 66a edizione del Festival di Sanremo. Ma oggi Roberto Drovandi, bassista della band bolognese, anche sulle ali di quel successo, sta predisponendo, con entusiasmo ancora maggiore, il proprio progetto solista che dovrebbe presto vedere la luce. Ma perchè pensare ad un cd “in solitaria” da affiancare al momento magico che stanno vivendo gli Stadio? Ce lo racconta lo stesso Drovandi, tra un trasferimento e l’altro di questo concitatissimo periodo.
Alla luce della vittoria al Festival di Sanremo, quale significato assume ora la scelta di un percorso “solista” come quella di questo progetto?
Di sicuro mi sentirò ancor più convinto e nella scelta del materiale che andrò a proporre, la settimana “sanremese” mi ha dato ulteriori certezze. La scaletta relativa ai pezzi dell’album era già quasi pronta,ma apporterò alcune correzioni di stile su alcuni brani. Il pop era lontano dall’idea che avrei voluto dare al mio album, adesso la possibilità di inserire uno o due brani totalmente pop anche eventualmente cantati in italiano, sta prendendo forma. (Nel video “Shake up”, l’ultimo singolo pubblicato di Roberto Drovandi).
Da cosa nasce l’idea di questo progetto e con quali propositi?
Dopo trentacinque anni di militanza nella musica e raggiunti i 50 anni di etá ,mi sentivo pronto e maturo per dire la mia. Sono anni che accumulo brani riempiendo il mio cassetto di musica di ogni tipo che spazia tra i generi più variegati. Sono nato con i Led Zeppelin, Genesis, Queen, senza dimenticare i Beatles. Poi ho scoperto la jazz fusion (Miles Davis, Weather Report etc) ed il funk dei Tower of Power, il progressive della P.F.M, Brand x, Yes, King Crimson Rush. Sono un appassionato di musica classica e delle colonne sonore di Morricone, Williams, Zimmer, solo per citare alcuni di quelli che mi hanno influenzato di più. Partendo da tutto questo background, ho messo insieme un progetto, credo, molto variegato, parlando di stili, con un comune denominatore che é, non potrebbe essere che così, il basso, ma cercando di proporre musica nel suo complesso e non virtuosismi esasperati legati al mio strumento. Un disco cantato, ma anche con incursioni solo strumentali che vuole ripercorrere la mia storia musicale che, inevitabilmente, rappresenta anche la mia vita.
L’uscita dei singoli e dell’album presuppone un successivo tour “in solitaria”? Riuscirà a conciliarlo con le richieste che gli Stadio avranno dopo la vittoria sanremese?
In questo momento non riuscirei neanche a inserire un appuntamento dal dentista! Durante il tour, che porterà noi degli Stadio a toccare tutta la penisola, potrei fare qualche ospitata all’interno di qualche realtà già avviata, in modo da proporre il mio progetto, selezionando le varie proposte che mi vengono offerte, cercando di riuscire ad incastrare il tutto. L’idea più presente, ad oggi, è quella di organizzare, non appena uscirà l’album, qualche show case, in modo molto intimo e raccolto, per poter dare il massimo della qualità sonora. Ho una serie di idee alle quali sto cercando di dare forma, che sto valutando, insomma, il mio progetto è tutto in divenire.
In qualità di musicista, ma anche di autore, la musica italiana è affidata ai talent o un progetto come il suo dimostra che le vie da percorrere rimangono molte e variegate?
Certo i talent sono una sorta di grande vetrina per chi canta e da quest’anno vale anche per i gruppi.
Beh, era ora! Non ho nulla contro i talent perché per me é importante fare musica, perciò va bene anche questo tipo di forma ed esposizione. Ai miei tempi si partiva dalla cantina tappezzata di cartoni delle uova e se eri veramente un talento e avevi qualcosa da dire te lo conquistavi metro per metro, giorno dopo giorno, provando in continuazione. Si facevano concerti in localini anche infimi o nei cinema parrocchiali, fino a quando qualcuno si accorgeva di te. Avevi bisogno di una casa discografica che ti spingesse, di un budget importante e forse riuscivi a fare qualcosa. Per certi versi è ancora così, ma ora la realtà è totalmente diversa: un progetto musicale puoi realizzarlo con un iPad ed un buon microfono, pubblicarlo direttamente online su youtube o altre piattaforme, senza casa discografica ed editore. Se l’idea è forte puoi anche riuscire ad arrivare ad un pubblico più vasto di quello che può offrire un’etichetta ad un giovane, ma il problema ultimo risiede nella promozione. Qui casca l’asino: tu produci, ma poi non promuovi e tutto si esaurisce in una bella pila di cd stampati in cantina. Anche per questo motivo ho creato la mia etichetta (o Vanity label) Twins104.eu, fondata nel 2013, con la quale cerco di aiutare progetti interessanti a promuoversi sfruttando anche la mia esperienza. Il GlobeDuo e Afroeira sono un esempio di quei progetti di cui sopra. In buona sostanza, sentivo l’esigenza di dare una mano a chi se lo merita e non ha gli strumenti o le conoscenze, anche tecniche, per una promozione efficace. Ad ogni buon conto, credo che, anche oggi, esista la possibilità di fare musica senza ricorrere a programmi dove devi per forza cantare cover per farti conoscere, che non stimolano di certo quella sana ricerca della propria identità musicale, fattore indispensabile per crescere artisticamente. Un talent, per me, dovrebbe essere una vetrina per chi vuole proporre la propria musica e per entrare, de facto, in quell’ambito artistico, a livello professionale, che diventa poi lo step fondamentale per fare della propria passione la professione più bella del mondo.