Siamo una testata online che si occupa di musica indipendente. E non possiamo nascondere che all’ultimo Festival di Sanremo, a causa di un pasticcio tecnico la cui natura non è ancora stata accertata, la rassegna si è giocata la migliore delle otto “nuove proposte” che erano approdate sul palcoscenico dell’Ariston. Stiamo parlando di Miele, la giovane siciliana presentata dall’etichetta indipendente Maciste Dischi, “scippata” della finale dopo che era stato annunciato il suo passaggio alla serata di sabato in diretta. Polemiche, proteste, regolamenti alla mano, deroghe ipotizzate e non concesse. Insomma, alla fine Miele ha dovuto accettare il “risarcimento” di esibirsi come ospite fuori concorso alla serata di sabato. Non male in quanto a visibilità, ma non sapremo mai se, senza quell’intoppo, avrebbe vinto la gara delle “nuove proposte” dando alla sua carriera artistica una svolta diversa. Di una cosa siamo certi, la sua canzone e la sua interpretazione erano una spanna più in alto delle altre sette proposte giovani del festivalone. Detto questo, la vittoria degli Stadio ci sta tutta perchè la loro era semplicemente la canzone migliore e faceva il paio con quella di Patty Pravo, che infatti si è aggiudicata il premio della critica assegnato dalla sala stampa del teatro Ariston, in memoria di Mia Martini. Giusto l’inabissamento al dodicesimo posto di Elio e le Storie Tese perchè se la provocazione, per quanto sciocca e inutile nell’ambito di quella manifestazione alla quale il gruppo stesso deve la sua notorietà, può risultare divertente una tantum, non deve però diventare un pretesto irridente ed irriverente a cadenza quasi annuale nei confronti di una manifestazione che ha conunque 66 anni di storia alle spalle. Un peccato invece il penultimo posto di Dolcenera che si è eibita con grinta e determinazione ed anche per l’ultimo posto di Irene Fornaciari che con la sua “Blu” ha portato al festival un brano indubbiamente difficile, ma intenso e denso di attualità. Capitolo a parte per Clementino e Rocco Hunt. Quest’ultimo c’è stato chi lo avrebbe voluto vincitore. Ora, al di là del momento fortunato del rap, pensare ad una vittoria di Hunt a Sanremo sarebbe come se vent’anni fa qualcuno avesse potuto pensare alla vittoria dei Pitura Freska solo perchè in quel periodo andava di moda lo ska. Un conto è la dimensione radiofonica, con i suoi target ed i propri obiettivi, altro è il Festival di Sanremo che incontra un pubblico assolutamente eterogeneo, che include una fascia non trascurabile di giovani (ma non di giovanissimi) e che si avvale di un sistema di votazione articolato e complesso, evidentemente assai distante dall’immediatezza di quella tipologia di pubblico al quale guardano i rapper. Ultima annotazione, ma non ultima per importanza. Quest’anno il Festival di Sanremo è riuscito (a fatica) a lasciare fuori dall’uscio la politica e gli ascolti sono stati i migliori degli ultimi undici anni. Sarà un caso? Si è ascoltata davvero tanta musica, come non accadeva da tempo e si sono vissuti momenti straordinari, come quello dell’esibizione di Ezio Bosso. Si è visto qualche nastrino colorato, flebile simbolo di una solidarietà neppure da tutti percepita, ma come ha sottolineato Carlo Conti in occasione dell’ultima conferenza stampa, chi in qualche modo ha ostentato quel simbolo lo ha fatto a titolo personale, senza in alcun modo coinvolgere il Festival come tale. Giusto così. Una rassegna musicale, anzi, la più importante rassegna musicale italiana, non può diventare strumento di propaganda. Lo è stato in passato, in più di una circostanza, spesso sull’onda delle spinte di parte della sala stampa, quella parte che le canzoni non le ha mai ascoltate, a meno che non fossero in qualche modo strumentalizzabili per fini ideologici. C’è da sperare che questo vento sia passato e che ogni cosa torni a collocarsi nel proprio giusto alveo. E che la musica non rinunci più a sè stessa, proprio a cominciare da Sanremo.
Giorgio Pezzana