AI CASABLANCA…NON MANCA NULLA

Appagante e sostanzioso. Se fosse un piatto, così potremmo definire l’ultima fatica dei Casablanca, cd che porta lo stesso nome del gruppo. E’ diventato ormai tristemente inconsueto ascoltare un lavoro che non soffra di qualche carenza. Invece qui non manca nulla: né la grinta e l’energia del rock, né il pathos, trainato da una toccante pur se mai melensa pienezza melodica. Il tutto suggellato da testi profondi e significativi, esaltato da interpretazioni musicali di qualità eccellente, da arrangiamenti e registrazione impeccabili e, non da ultimo, portato a bersaglio da una voce trascinante ed eclettica come quella di Max Zanotti.

Voce capace di passare da oscure ruvidezze ad inattesi falsetti. Giocate su contrasti sensoriali (caldo-freddo, ghiaccio e fuoco) in tutto il lavoro le atomsfere sono tese, vagamente sulfuree, a tratti cupe, sempre passionali. Raccontano di sentimenti forti, di passione, appunto, ma anche di ossessioni, d’amore come d’odio. I brani sono tutti rigorosamente in italiano, e smentiscono chi – forse come alibi per un’incapacità personale – sostiene che sia impossibile creare un buon pezzo rock col nostro idioma dal suono troppo morbido e rotondo. Fandonie: qualcuno ci riesce, e questo disco ne è una riprova. Diversi tra loro, ma quasi tutti pienamente convincenti i brani del cd. Da notare il vagamente mefistofelico “Gelido” e l’introspettivo “Il cielo delle sei”. Passando da due ballads, morbide ma non leziose – “La percezione di un addio” e “Non so mai dirti che”, alle ossessive e cupe “Ghiaccio sulle mani” e “Legami gli occhi”. Rabbia esistenziale in “Non lo volevo”, polemica prettamente musical-professionale in “Radio sputa”. Incandescente e un po’ morbosa la splendida “Cinque cose”. Un disco che si pone senza dubbio una spanna abbondante sopra le consuete produzioni indie, e che vale davvero la pena di procurarsi: da ascoltare e riascoltare.

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